Sappiamo solo, dalle dichiarazioni ufficiali del dopo match, che in seguito alla sconfitta in tre set al terzo turno dell’Australian Open contro Sebastian Korda, Daniil Medvedev era molto scontento della prestazione, ma la stizza che covava nel profondo, lui che nel 2022 era arrivato vicinissimo a vincere quel titolo, possiamo solo immaginarla.
Da quella dura sconfitta e dalla successiva uscita dai top ten di poco tempo fa il moscovita che vive a Nizza ha saputo riprendersi. La rabbia sportiva è diventata, passo dopo passo, capacità di reazione lenta ma inesorabile.
Tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022 Medvedev sembrava il solo player capace di mettersi in mezzo tra Djokovic e Nadal.
Al primo aveva tolto la soddisfazione massima, quella del Grande Slam, proprio sul più bello quando Nole era solo a un passo. Della finale di Flushing Meadows 2021 si sono già scritti fiumi di parole e quindi non è il caso di ripetersi. Sappiamo solo che quel 12 settembre il serbo, come lui stesso ha ammesso, non riuscì a sopportare lo stress psicologico che lo paralizzò in campo dove fu irriconoscibile.
Un anno fa nella finale del primo Slam della stagione contro Nadal a essere divorato dall’ansia fu proprio Daniil che al quinto set non riuscì a capitalizzare il vantaggio di un break dopo essere stato sopra di due. Rafa in una partita tattica e recuperata in extremis fu in grado di dare il meglio di tutte le sue capacità tecniche e nervose accumulate in vent’anni di tennis.
Per Medvedev fu una ferita difficile da rimarginare, continuò a sanguinare per tutto il 2022 nel quale sembrava aver perso la capacità di vincere. Arrivarono molte sconfitte, alcune sorprendenti. Non bastò certo il cerottino di Los Cabos in piena estate e neanche il successo autunnale di Vienna per farlo tornare il tennista di un tempo. Emblematiche della scorsa stagione furono le sconfitte subite all’Atp Finals di Torino dove con Rublev, Tsitsipas e Djokovic perse sempre al tie-break del terzo set.
Tornato dall’Australia senza bottino ha preso tre settimane di vacanza dai tornei per ritrovare le giuste motivazioni necessarie per provare a vincere. Rotterdam, Doha e Dubai gli hanno dato un filotto di 14 successi, con tre soli set persi: con Davidovich al primo turno di Rotterdam, con Sinner in finale sempre nella città olandese e con O’Connell nei quarti di finale di Doha. Oltre ai citati, ha battuto due volte Auger, che non trova le contromisure tattiche e tecniche per giocare alla pari con lui, Dimitrov, Murray, Djokovic e Rublev. Mancano a questo elenco Alcaraz, Nadal e Tsitsipas ma in questo momento, a dispetto della classifica che lo vede n°6, è da considerare il giocatore più in forma, il tennista da battere.
Arrivano i tornei di Indian Wells e Miami nei quali non è mai giunto nemmeno all’ultimo atto. Vedremo se quest’anno sarà quello buono, anche se è ovvio che non può vincere sempre. Poi ci sarà la parte della stagione della quale farebbe volentieri a meno, quella sulla terra rossa e sull’erba. Sono superfici sulle quali non ha mai vinto, se si esclude il successo di Maiorca nel 2021 su un manto erboso che non assomiglia per nulla ai prati londinesi.
A proposito di erba e quindi di Wimbledon anche quest’anno pagherà il dazio, come Rublev e Khachanov di essere russo? Speriamo di no. L’Atp sta cercando con i mezzi che ha disposizione di convincere chi di dovere a farli partecipare ma Londra è ancora lontana e purtroppo non sappiamo ancora quanti brutti eventi potranno succedere.
Siamo tutti in bilico, sull’orlo di un burrone.
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