Se Adrian Mannarino giocasse sull’erba almeno mezza stagione Atp sarebbe un tennista felice. Forse gli piacerebbe essere negli anni ’50 e 60’, periodo nel quale il numero dei tornei sul verde era molto più alto. L’unico Slam che si disputava sulla terra battuta era il Roland Garros.
Con l’era Open e in particolare sul finire degli anni ’70 il tennis è cambiato in tutti gli aspetti e il tempo dell’erba è diventato solo un piccolo intervallo dove, tra giugno e luglio, gli specialisti si devono far trovare pronti.
Per caratteristiche tecniche, colpi piatti e giocati con movimenti corti, Adrian è uno di questi. Dopo Wimbledon vola quasi sempre negli Stati Uniti per partecipare al torneo di Newport dove a dir la verità nelle nove volte precedenti non aveva mai ottenuto risultati eclatanti. Questa volta gli è andata molto meglio perché è riuscito a mettere le mani sul classico Hall of Fame Open che chiude la stagione sull’erba. Se ne riparlerà nel 2024.
Adrian Mannarino, testa di serie n°2, nel percorso verso la finale ha incontrato due scogli abbastanza difficili: l’australiano Thompson (7) sconfitto ai quarti in tre set e in semifinale il connazionale Humbert battuto in due frazioni.
Nella parte alta del tabellone presieduta da Paul (1) che ha perso da Isner, che quando torna a giocare negli Stati Uniti si ravviva, si è fatto avanti a forza di risultati il diciottenne statunitense Alex Michelsen che ha fatto fuori Cressy (5), Duckworth, McDonald (4) e in semifinale Isner per 7-66 6-4. Insomma tutti giocatori di una certa esperienza con Long John che questo torneo lo ha vinto quattro volte, mentre Cressy si è fermato finora ad una.
Il ragazzino a stelle e strisce si è dimostrato forte ma non è bastato contro Adrian capace di non perdere quasi mai la concentrazione anche negli scambi più lunghi disorientando l’avversario con lo slice di rovescio che sull’erba è una vera arma letale perché la palla rasa tende a schizzare e a rompere il ritmo.
Spesso il francese giocava anticipando e in controtempo dimostrando di essere in forma e con tanta voglia di far suo il terzo titolo in carriera, lui che aveva perso le prime sei finali disputate tra il 2015 e il 2018.
Nel primo set Mannarino ha tenuto a debita distanza Alex brekkandolo al quinto e al settimo game e perdendo solo tre punti nei suoi quattro turni di servizio.
Nel secondo il transalpino ha reagito immediatamente ad un break iniziale e ha strappato in modo definitivo il servizio al nono gioco per chiudere a 15 nel decimo.
Povero Adrian, quanto vorrebbe essere negli anni ‘50, sarebbe nella top ten!
Mannarino-Michelsen 6-2 6-4