A dirla tutta anche se Djokovic aveva perso il primo set nel match d’esordio contro la giovanissima promessa inglese Draper è stato con la partita di oggi contro il qualificato statunitense Kudla che abbiamo capito lo spirito con il quale sta affrontando questa edizione di Wimbledon.
Il primo set perso contro Draper era quello d’entrata, di prova. Se non previsto, possibile.
Era quello il momento del grande ritorno dopo la partita contro Federer che rimarrà negli annali e l’anno di stop dipeso dalla pandemia.
Contro Anderson, o meglio con quello che rimane del buon Kevin che sta convivendo da anni con continui infortuni, contro il quale fece finale a Wimbledon nel 2018, è stato un match in cui ha controllato senza forzare spendendo le energie psicofisiche necessarie per superare il turno.
Nulla più, non doveva essere una partita spettacolare, da ricordare ma solo da archiviare e così è stato.
Nel match che ha giocato oggi contro lo statunitense ha fatto vedere l’animo del guerriero quando la partita sembrava percorrere binari consueti.
Nel primo set break al decimo game, nel secondo ha fatto corsa davanti senza lasciare spazio e tempo a Kudla per poter pensare di riprenderlo.
Nel terzo la tempra del campione, del giocatore che oggi ha almeno una marcia in più dei suoi avversari, l’ha dimostrata senza equivoci.
Avrebbe potuto allungare la partita sia quando era sotto 4-1 che nel tie-break nel quale era partito con due doppi falli. Avrebbe vinto quasi sicuramente al quarto. Sarebbe stato solo il prolungamento di un allenamento agonistico.
Punti vincenti e difese miracolose hanno costretto Kudla prima a farsi riprendere, poi ad arrendersi.
Nole incontrerà Garin bravo a spingersi fino alla seconda settimana. Dopo probabilmente avrà il tennis tambureggiante di Rublev.
C’è qualcuno che crede di non vederlo domenica 11 luglio in finale? Penso quasi nessuno. Per fare la storia mancano pochi passi.
I suoi mi sembrano troppo sicuri perché qualcuno possa sbarrargli la strada.
Djokovic-Kudla 6-4 6-3 7-67