Terza finale 1000 per il giocatore canadese che non vince un torneo da Brisbane 2016 quando batté in finale Federer.
Sono stato indeciso fino all’ultimo se dedicare una copertina al miglior giocatore per il mese di agosto.
Avrei dovuto ancora parlare di Dyokovic che ha vinto l’unico torneo Atp del mese, quello di Cincinnati giocato a New York, o scrivere di Alcarez Garfia, diciassettenne capace di dominare a Trieste il suo primo Challenger in carriera partendo dalle qualificazioni. Non è un record assoluto di precocità nel tennis moderno, ma è tuttavia merce rarissima e come tale deve essere valutata.
Ho anche pensato di lasciar perdere e aspettare che il calendario si infittisca di tornei e vincitori. Non mancheranno gli spunti visto che in meno di tre mesi di stagione si disputeranno due Slam, il Foro, le Atp Finals di Londra e altri tornei di diversa importanza che non dovrebbero scontentare nessuno.
Pubblico? Forse non ne vedremo o sarà centellinato con il misurino visto che, a sentire gli scienziati, sono previste ondate di Covid che si confonderanno con l’influenza e i tipici malanni di stagione rendendo ancora più difficile le diagnosi, anche se negli ultimi mesi siamo diventati in questo campo più bravi e soprattutto più veloci.
Mi sono tuttavia detto che era giusto scrivere di Milos Raonic, il player canadese nato in Montenegro che compirà 30 anni un paio di giorni dopo Natale. E’ un modo per festeggiare, anche se in anticipo, le gesta di un atleta, tra i più potenti e belli da vedere, che a causa di un fisico di cristallo ha ottenuto in carriera molto meno di quello che il suo talento gli avrebbe potuto donare. Ho perso il conto dei malanni che ha subìto e dei periodi di sosta senza i quali sarebbe stato per più tempo nel tennis di vertice.
Quattro anni fa la finale di Wimbledon, anche se persa contro uno scatenato Andy Murray, sembrava avergli aperto le porte per una seconda parte di vita tennistica che non lo avrebbe privato di vittorie importanti. Da allora solo tre finali nei tornei 250 di Delray Beach, Istanbul e Stoccarda che non gli fanno giustizia.
Dopo un 2019 da dimenticare che questo fosse l’anno della rinascita potevamo almeno aspettarcelo.
Le troppe partite giocate senza la possibilità di esprimersi al meglio ci avevano fatto dimenticare il gioco incisivo e spettacolare di Milos, gli ace e le volée a chiudere il punto. Ce ne ha dato una dimostrazione lampante in semifinale contro Tsitsipas.
A Melbourne quest’anno ci è voluto un Djokovic tirato a lucido per ridimensionare le sue velleità. Ed è stato necessario un Nole non così in forma ma concentrato nei momenti decisivi per sconfiggerlo nella finale di Cincinnati. Il canadese ha dominato nel primo set servendo ace e giocando vincenti da ogni posizione. Nel secondo Nole ha preso il comando del gioco e nel terzo dopo un avvio incerto è tornato a fare quello che gli riesce meglio: vincere.
Cos’altro potevamo aspettarci dal decimo match tra i due quando nei precedenti Milos è riuscito a vincere solo due set?
L’ottima prestazione gli serva da auspicio per ritornare nella top ten e vincere un 1000, magari quello di casa, dove nel 2013 perse in finale da Nadal. Lui se lo merita e noi glielo auguriamo.
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