Erano i primi di marzo del 2020. La cittadina californiana di Indian Wells era pronta ad ospitare il primo Masters 1000 dell’anno come fa dal 1987 quando Becker sconfisse Edberg in un classico di quegli anni che si ripeté, tra le tante sfide, dal 1988 al 1990 nel tempio del tennis. Gli atleti stavano arrivando, chi per giocare le qualificazioni e chi per saggiare i campi e abituarsi al clima.
La stagione era iniziata da poco ma aveva già dato i primi verdetti. Djokovic aveva vinto per l’ottava volta l’Australian Open battendo Thiem in una finale lottata fino al quinto set, Rublev aveva iniziato a vincere a ripetizione, in gran forma si era mostrato Monfils capace di sbalordire con il suo tennis champagne sia a Montpellier che a Rotterdam, Ruud vinceva a Buenos Aires il primo titolo in carriera, Djokovic si era anche affermato a Dubai confermando un ottimo inizio di stagione, Nadal aveva fatto suo il torneo di Acapulco.
Tra conferme e sorprese – la generazione dei next-gen o quasi era pronta a dare battaglia a tutto campo – era ricominciata una nuova bellissima stagione di tennis molto attesa dagli addetti ai lavori e dai tifosi per vedere fino a che punto i più giovani erano già pronti e quanto fosse alto il grado di resilienza dei vecchietti non disponibili ad arretrare di un millimetro.
Stava per succedere ma non accadde. Tra i mesi di gennaio e di febbraio i media di tutto il mondo avevano fatto rimbalzare la notizia di un virus proveniente dalla Cina ma le informazioni erano ancora poco chiare, così come il numero dei morti e gli effetti che questa malattia stava producendo. In Europa e negli Stati Uniti quindi non si era ancora capito a cosa saremmo andati incontro. Il livello di preoccupazione inizialmente era abbastanza basso. Nessuno era stato in grado di prevedere che cosa sarebbe successo nel giro di pochissimo tempo. La vita si sarebbe fermata progressivamente e con modalità molto diverse da Paese a Paese.
Il tennis è stato uno dei primi sport a reagire in modo drastico perché gli organi preposti – ITF, Atp e Wta – si sono immediatamente resi conto che sarebbe stato impossibile continuare a organizzare tornei con giocatori e tecnici provenienti da tutte le zone del mondo. Lo sport internazionale progressivamente si è fermato. Tutti noi abbiamo fatto i conti con uno stile di vita al quale non eravamo abituati.
Quando il mondo del tennis in estate, tra mille polemiche e limitazioni, ha provato a ricominciare con alcuni Challenger e con il torneo Masters 1000 di Cincinnati giocato nella bolla di New York, è sembrato già un miracolo che in piena pandemia mondiale si potesse tornare ad organizzare i tornei.
Non tutti i giocatori erano pronti psicologicamente a viaggiare e fisicamente a confrontarsi. Sono stati costretti a quarantene, isolamenti e a giocare senza pubblico. Qualcuno è andato in depressione e ha perso le motivazioni. Tutti hanno fatto i conti con un nuovo modo di intendere il tennis. Credo che sia stato difficile per chiunque, anche per quelli che si sono adattati meglio alla nuova condizione. Sono ovviamente diminuiti i montepremi dei tornei, i punti vinti precedentemente sono stati congelati.
Da quest’estate si sta tornando ad una specie di normalità. Si è rivisto il pubblico, sono diminuite le restrizioni per i player, i punti si scongelano progressivamente. I volti giovani si stanno affermando definitivamente.
Questa primavera si è giocato il Masters 1000 di Miami che ha visto Sinner arrivare in finale, quello di Indian Wells è stato posticipato. Incomincerà nei prossimi giorni. Da questa sera inizieranno le qualificazioni. Sono presenti sei tennisti italiani. Caruso, Gaio e forse anche Fabbiano potrebbero avere qualche possibilità di entrare nel tabellone principale. Berrettini, Sinner, Sonego e Fognini sono attesi da prestazioni di livello. Salteranno il primo turno. In particolare Jannik, facendo bene, si potrebbe giocare la possibilità di qualificarsi per le Atp Finals di Torino.
Il torneo di Indian Wells sospeso nel 2020 a pochi giorni dal via e posticipato a questa data è il segno che forse anche nel tennis possiamo guardare con sempre maggiore ottimismo gli eventi che ci attendono. Dipende dalla scienza ma anche da noi.