Il primo indiziato potrebbe essere Thiem. Penso anche a Medvedev e Tsitsipas. Negli anni Shapovalov, Auger-Aliassime e Sinner vinceranno ma bisogna attendere ancora.
Sono giorni questi propizi allo studio e alla lettura. Non era mai capitato un periodo così lungo di sospensione dalle attività che appartengono alle nostre consuetudini.
Tempo utile per interpretare il tennis senza l’incombenza dei match da seguire, i risultati da trascrivere. Momenti per riflettere e analizzare.
Dal torneo di Wimbledon del 2003, il primo Slam vinto da Federer, fino all’Open Australiano 2020 vinto da Djokovic si sono giocati sessantasette tornei.
Venti sono andati a Federer, diciannove a Nadal, diciassette a Djokovic. Cinquantasei Mayor vinti dai big three.
Sappiamo tutti che non esistono precedenti simili nel tennis Open.
Dei rimanenti undici, tre a testa li hanno vinti Murray e Wawrinka. Per arrivare a sessantasette rimangono cinque Slam.
L’argentino Gaudio ha vinto a Parigi nel 2004, il russo Safin in Australia nel 2005 mentre il torneo newyorchese è andato, oltre ai soliti noti, allo statunitense Roddik nel 2003, all’argentino del Potro nel 2009, al croato Cilic nel 2014.
Come ci racconta in modo magistrale Luca Marianantoni nel suo 150 volte Slam, i giocatori che finora hanno vinto un Mayor a partire dal successo di Spencer Gore il 19 luglio del 1877 presso l’All England Croquet and Lawn Tennis Club, la prima di Wimbledon, sono stati centoquarantanove.
Cilic, l’ultimo degli eletti, agli U.S. Open del 2014 ha messo in fila senza perdere un set Berdych, Federer e Nishikori.
Erano in molti a credere che con Federer ormai intorno ai trentacinque anni, Nadal consumato da tante battaglie e il solo Djokovic di sicuro affidamento, nella seconda metà del decennio scorso una nuova generazione di tennisti avrebbe potuto dire la sua ai massimi livelli. Non è successo.
Nishikori non ha saputo ripetersi, mai oltre i quarti di finale nei tornei Slam.
Il sogno di Raonic a far sua la finale di Wimbledon nel 2016 s’infranse contro il muro del miglior Murray di sempre che raggiunse l’apice della sua carriera proprio a partire da quel match per un finale di stagione che fu da incorniciare prima che incominciassero guai fisici seri che non gli hanno più permesso di esprimersi come avrebbe potuto.
Anderson è andato, secondo molti, oltre i limiti previsti: le finali di Flushing Meadows contro Nadal nel 2017 e di Wimbledon contro Djokovic nel 2018 – nessun set vinto – hanno reso evidente la sua distanza quasi abissale dal gotha.
Tsonga, Ferrer, Berdych, Gasquet e Monfils si sono trovati in una posizione per niente invidiabile. Avrebbero potuto vincere Slam – i primi tre hanno fatto finale Major – ma sono stati strangolati da una generazione di fenomeni come mai più accadrà nei decenni a venire.
Nessun giocatore nato negli anni ’90 finora ha vinto uno Slam. Ci sarà?
Se consideriamo quelli della prima metà dell’ultimo decennio del secolo scorso mi sembra che, a esser generosi, si possono fare solo cinque nomi: Kyrgios, Thiem, Edmund, Raonic e Dimitrov.
Ho inserito il nome di Kyrgios per dar credito al suo immenso talento, ma non ci credo granché. Nemmeno lui ne sembra veramente convinto. Nel 2014 illuse il mondo tennistico quando a soli 19 anni raggiunse i quarti di finale a Wimbledon dopo aver battuto agli ottavi Nadal.
Per Thiem, non devo dirlo certamente io, il discorso è molto diverso. Lui è l’unico frutto veramente pregiato tra i player nati dal ’90 al ‘95. Sulla terra è da anni il numero due, aspetta solo che Nadal tiri il fiato per qualche giorno.
La finale persa sul filo di lana contro Tsitsipas alle Finals Atp 2019 di Londra e soprattutto quella di Melbourne di pochi mesi fa dove ha avuto possibilità concrete di vittoria contro Djokovic ci dicono che la cura Massù sta dando i suoi effetti.
Edmund arrivò nel 2018 in semifinale all’Australian Open. Da allora, soprattutto per problemi fisici ma anche per alcuni limiti tecnici non trascurabili, era sceso molto in classifica. Il suo potenziale e un ottimo allenatore come Davin che lo ha già riportato, prima dello stop forzato, alla vittoria fanno sperare abbastanza bene. Ha 25 anni, perché non dargli credito?
Raonic ha già raggiunto il suo apice a Wimbledon 2016 nella finale persa contro Murray. Se dovesse ritrovare un perfetto stato di forma e ace a non finire non potrebbe ripetere le gesta che furono di Ivanisevic a Wimbledon 2001?
Se penso a quando Dimitrov sfiorò la vittoria alle semifinali dell’Australian Open 2017 contro Nadal giocando un match con tantissimi punti vincenti, uno più bello dell’altro, o al finale di stagione dello scorso anno dove ai quarti di Flushing Meadows ha battuto per la prima volta Federer con la cui ombra si è dovuto troppe volte confrontare, posso ancora credere ad un suo gran colpo di carriera.
Gli fa difetto la regolarità e mi rimane difficile pensare che trovi le due settimane della vita proprio adesso che si sta proponendo una nuova generazione di tennisti.
Quando parlo di nuova generazione intendo i ragazzi nati dal 1996 che ormai stanno sostituendo a suon di risultati i player che vincevano e facevano finali nei 500 e nei 250 fino a due anni fa.
Se confrontiamo la classifica di fine 2018 con quella del dicembre 2019 e in ultima analisi con l’attuale da mesi ormai ferma, come ho fatto nel brano Tra vecchie e nuove classifiche aspettando i nuovi tornei, se ne trova ampia conferma.
Due le domande che mi sembrano più importanti.
Chi sarà il vincitore Slam n°150?
Chi vincerà da qui al 2025 – andare oltre nelle previsioni è chiaramente impossibile – il maggior numero di titoli?
Alla prima domanda, detto di Thiem che rimane il favorito ma non è in senso stretto una nuova generazione, – quest’anno compirà 27 anni – mi viene da rispondere Medvedev.
In fondo è l’unico, tra i più giovani, ad essersi avvicinato. La finale persa a Flushing Meadows l’anno scorso con Nadal penso gli abbia lasciato diversi rimpianti dai quali non credo si sia ripreso completamente.
Ha dimostrato di non avere paura nei momenti cruciali, di non temere il tifo contro che lo fa addirittura giocare meglio e di avere la tenuta fisica e mentale per match molto lunghi nel corso di due settimane.
Nel rispondere alla seconda domanda – chi vincerà il maggior numero di titoli – penso a Tsitsipas.
Il greco ha il desiderio, l’esuberanza, la tecnica e la mentalità vincente – per diventare numero 1 entro due – tre anni con il corredo di diversi titoli Slam.
Si potrebbe obiettare che un paio di anni fa facevamo gli stessi discorsi per Sascha Zverev. Si sono succeduti sul trono delle Atp Finals di Londra, ma penso che per il greco il discorso sia diverso.
Troppo fragile de Minaur per fare almeno la stessa carriera di Hewitt, il suo padrino tennistico.
Troppo discontinuo Shapovalov per vederlo come un dominatore, anche se sono certo che siederà sul trono londinese.
Se proprio vogliamo il nome di un canadese per una carriera lunga anni preferisco fare quello di Auger-Aliassime, ma con lui siamo già entrati nella generazione nata nel nuovo millennio.
Tra loro, e non solo per partigianeria, non posso non citare Sinner che alcuni grandi del tennis mondiale vedono come un futuro vincitore seriale di Slam.
Comunque credo che, come ho provato a spiegare in questa pagina, per arrivare prima al numero 150 e poi correre verso il 155 non ci vorranno tanti anni.
Nei sessantasette Slam giocati dalla vittoria di Federer a Wimbledon a quella di Djokovic quest’anno in Australia ci sono stati solo nove nuovi slammer.
Tornando a ritroso da Parigi 2003 agli U.S. Open 1986 – periodo nel quale si sono giocati sessantasette Mayor – i giocatori che hanno vinto almeno un torneo Slam sono stati ventuno.
Saranno ventuno anche per i prossimi sessantasette Mayor?
Impossibile dirlo perché si va troppo avanti nel tempo.Credo tuttavia che negli anni futuri assisteremo all’alternarsi di diversi vincitori che a seconda del periodo di forma e della superficie si daranno battaglia in sfide infinite.