S’incominciò a parlare di Next Gen nel 2017 quando i vertici dell’Atp capirono che era necessario aiutare le nuove generazioni ad emergere. Il torneo di Milano e un’altra serie di iniziative servirono per far conoscere al grande pubblico i giovanissimi. Alla prima edizione erano presenti tra gli altri Medvedev, Rublev, Shapovalov e Zverev, che doveva partecipare la settimana successiva a Londra alle Atp Finals, giocò un set di allenamento con Tsitsipas che era la prima riserva. Tanti altri player che sono diventati protagonisti del circuito si sono succeduti nelle tre edizioni successive.
E’ inutile farne l’elenco, il solo Auger ha sempre declinato l’invito. Il torneo da terra d’esibizione è diventato momento di passaggio al quale quasi nessuno vuole più rinunciare. In questi pochi anni la manifestazione, che per molti era solo un’esibizione dispensatrice di un bel gruzzoletto di denaro e che segue regole e punteggi che non sono applicati negli altri tornei, è diventata non solo una vetrina importante ma un punto di riferimento dalla quale non si potrà più prescindere, non si potrà più tornare indietro. Oggi l’attenzione si è spostata sui ragazzi del nuovo millennio.
I ragazzi nati a fine Novecento dominano la classifica Atp, Djokovic e Nadal permettendo, mentre i ventenni incominciano a far sentire forte la loro voce.
Seguendo la classifica della Race, cioè del rendimento annuale, tra loro il più avanti di tutti è sicuramente il ventenne Jannik Sinner (9) che a fine anno è entrato nella top ten, seguito a ruota dal diciottenne Carlos Alcaraz (21) che da qualche mese ha stregato il mondo del tennis non solo per la precocità. Potrebbero essere loro i player che si contenderanno, magari a partire dal 2023, molti tornei Slam, ma non bisogna mai dare nulla per scontato.
Altri giovanissimi stanno crescendo. Sebastian Korda (32), figlio di Petr, che quest’anno ha giocato la finale al torneo di Milano è un altro player sul quale ci sono tantissime attese. La Navratilova ha parlato di lui come di un futuro vincitore Slam. E’ sicuramente un candidabile anche se è almeno un passo indietro rispetto all’altoatesino e al player spagnolo.
Jenson Brooksby (41) appartiene alla nuova ondata dei tennisti statunitensi alla quale i dirigenti di quel Paese credono ciecamente. La prima parte di stagione l’ha visto protagonista soprattutto a livello Challenger, ma da quest’estate ha incominciato ad ottenere risultati di rilievo anche nei tornei Atp. Il primo set giocato contro Djokovic agli ottavi di finale di Flushing Meadows è una dimostrazione che il ventunenne di Sacramento deve fare ancora molta esperienza. L’esplosività dei colpi è di alto livello così come la caparbietà di arrivare.
Continuando a scorrere la classifica Race incontro Lorenzo Musetti (44) che è sicuramente uno dei più grandi talenti del nostro tennis degli ultimi trent’anni, ma proprio per questo deve essere valutato senza fretta eccessiva come molti invece hanno già incominciato a fare. I pezzi del suo gioco complesso e un po’ antico devono essere ordinati ma anche lasciati liberi di correre e per questo ci vorrà un po’ di tempo.
Il ventenne di San Diego Brandon Nakashima (57), origini nipponiche-vietnamite, è il terzo player giovanissimo sul quale il tennis statunitense crede molto. Quest’anno ha ottenuto buoni risultati nei tornei Challenger ma ha fatto soprattutto parlare di sé tra la fine di luglio e i primi di agosto quando ha giocato, perdendo da Norrie e Isner, le finali Atp di Los Cabos e di Atlanta. E’ un player potente e con buone accelerazioni. Il servizio è sicuramente migliorabile così come il gioco a rete. Gli statunitensi ci credono.
Di Hugo Gaston (61) si incominciò a parlare in modo entusiasmante, in particolare in Francia, quando l’anno scorso al Roland Garros batté Wawrinka e fece impazzire Thiem con continue palle corte e pallonetti. Quest’anno ha alternato buoni momenti ad altri da dimenticare. La tecnica è sicuramente ottima, il fisico lascia qualche dubbio così come l’indugiare troppo su colpi da giocoliere. Potrebbero non bastare.
L’argentino Juan Manual Cerundolo (64) deve molto della sua classifica alla vittoria nel torneo di Cordoba nel quale è partito dalle qualificazioni. Durante l’anno non è riuscito a ripetersi a quei livelli ma le vittorie e le finali nei tornei Challenger attestano che è un giocatore di sicuro affidamento. Al torneo Next Gen non è riuscito a dare il meglio di sé. Per giocare bene sul cemento deve modificare la posizione sul campo e rendere più veloci e meno ampi i movimenti. Ha 20 anni, ci sarà tempo.
Sul diciottenne danese Holger Rune (67), già una promessa a 12 anni, si è scritto molto, anche troppo. E’ molto sfrontato dentro e fuori dal campo, ma rispetto al coetaneo Alcaraz i passi da fare sotto tutti punti di vista – tecnici, caratteriali, di maturità – sono ancora molti. Credo che sia sulla buona strada ma il percorso è ancora abbastanza lungo. Potremmo vederlo protagonista fra un paio di anni.
Di Sebastian Baez (68), argentino come Cerundolo, sapevamo molto poco prima di vederlo giocare, secondo me molto bene, al torneo Next Gen di Milano. Ha mostrato buone doti di anticipo e un ottimo timing sulla palla. Quest’anno ha giocato soprattutto a livello Challenger. Nel prossimo vedremo come se la caverà nei tornei Atp. Sicuramente è un player in forte ascesa. Molti parlano di lui come del nuovo Schwartzman, non solo perché è argentino.
Chiudo questo pezzo ricordando che Flavio Cobolli, Giulio Zeppieri, Luciano Darderi, Matteo Arnaldi e Luca Nardi sono, oltre ai quotatissimi Sinner e Musetti, gli altri player italiani nati nel nuovo millennio sui quali dobbiamo continuare a tenere gli occhi aperti perché almeno alcuni di loro potrebbero dare grandi soddisfazioni al nostro tennis che non è mai stato così prolifico di giovani talenti.