Esistono vari tipi di lacrime, quelle di Taylor Fritz che ieri ha battuto Rafa Nadal dopo un match giocato solo a tratti bene ma ampiamente meritato erano di gioia: liberatorie, ripagano dai tanti sforzi fatti, dalle delusioni, dalle sconfitte inspiegabili, dai momenti difficili.
Successo ottenuto contro Rafa Nadal, il player che quest’anno aveva inanellato venti successi consecutivi, non gli era mai accaduto ad inizio stagione, e che era dato come grande favorito.
Né Rafa né Taylor erano stati impeccabili nel loro percorso verso la finale. Avrebbero potuto perdere entrambi. Sono arrivati all’ultimo atto in punta di piedi.
Il maiorchino si era salvato con Kordino solo perché al figlio di Petr era venuto il braccino ad un passo dal chiudere e con Opelka e Kyrgios – giocatori che non gli permettono di esprimersi al meglio – aveva dovuto ricorrere a tutte le sue doti, in parte innate ma anche costruite nel tempo, di grande combattente.
Diverso il match di semifinale contro Carlos Alcaraz che lo ricorda più per tempra che per il modo di portare i colpi. Sarebbe potuta essere una gran partita se non fosse stata disturbata, a tratti, da un vento fortissimo.
All’inizio del terzo set, dico la verità, pensavo che Carlitos riuscisse a portare a casa la partita. Sembrava più sicuro, i suoi game al servizio erano diventati ingiocabili, ma Rafa ha saputo domare sia il vento che il giovane avversario vincendo un match difficile anche perché sentiva dolori al torace.
Per Taylor questo torneo non è uno dei tanti eventi del circuito ma il Torneo come può essere il Foro Italico per un giocatore italiano. A Indian Wells, dove lo accompagnavano i genitori da bambino, ha fatto il primo torneo importante incominciando dalle qualificazioni, quando gli statunitensi sbagliando pensavano di aver trovato l’erede di Sampras, fino alle semifinali dello scorso autunno quando battendo Berrettini, Sinner e Zverev aveva capito quali fossero le sue potenzialità.
Quest’anno forse solo sua madre, ottima giocatrice alla fine degli anni ’70 e sempre presente in tribuna a incitarlo, credeva nel miracolo tennistico. Taylor ha sudato, ha faticato più del dovuto per battere Munar e anche De Minaur.
Il californiano ha giocato meglio con Rublev che nei tornei di spessore spesso non regge l’urto psicologico, fino a spingersi a veri atti di autolesionismo, ma ha meritato con Rafa che almeno nel secondo set ha alzato il suo livello di gioco.
L’incantesimo poteva spezzarsi perché Taylor sul finire del match contro il moscovita si è procurato una distorsione alla caviglia. Ieri mattina sembrava non fosse in grado di giocare. Alcuni trattamenti gli hanno permesso di non sentire dolore e di provarci.
Gli statunitensi non hanno trovato Sampras, nemmeno Agassi o Roddik ma un giocatore che ormai punta alla top ten senza indugi. Sono in tanti a farlo, non c’è posto per tutti. Probabilmente qualcuno dovrà scansarsi. La lotta per le Atp Finals è appena iniziata e anche Taylor vi parteciperà.