Che cosa dicevamo fino a solo qualche mese fa? Che finita la dinastia dei tre grandi, quattro inserendo Murray che comunque è quasi sempre stato un passo indietro da Federer, Nadal e Djokovic, il tennis maschile sarebbe diventato come quello femminile. Tennis liquido parafrasando un famoso studioso che riferiva questo aggettivo alla società e alle relazioni umane.
Avremmo assistito ad uno sport capace di proporre tanti giocatori in grado di vincere, nessuno di dominare. Medvedev sul cemento, Tsitsipas e magari anche Ruud sulla terra, Zverev sul veloce indoor, Shapovalov e Berrettini sull’erba senza dimenticare i nati nel nuovo millennio come Auger e Sinner.
Sembrava possibile, anzi probabilmente sarà proprio così, tuttavia non avevamo fatto i conti con uno tsunami spagnolo come Nadal che del fuoriclasse iberico ha in comune solo la voglia di vincere in fretta: Carlos Alcaraz, 19 anni il prossimo 5 maggio.
Inutile che ricordi tutti record di precocità che ha già battuto e che forse andrà a superare nei prossimi mesi, ma questo inizio di stagione, a dir il vero molto particolare, ha mostrato che è lui il giocatore del 2022. Non sarà, non può essere una meteora come Karatsev lo scorso anno che in molti avevamo pronosticato come un campione arrivato alla rampa di lancio solo in ritardo.
Carlos quest’anno finora ha perso solo con Berrettini al quinto set all’Australian Open e con Nadal e il vento tempestoso a Indian Wells. Ha vinto quasi sempre in due set, qualche volta in recupero, più spesso lasciando un solco di distanza incolmabile con il suo avversario fin dalle prime battute. Ieri, a Miami, ha lasciato sfogare il suo competitor di finale Ruud, così come aveva fatto negli ottavi contro Tsitsipas, surclassato dalla seconda parte del primo set.
Bisogna dire che nel nostro sport stiamo vivendo un periodo molto particolare. Djokovic si è volatilizzato o quasi, Nadal si è fatto male e comunque veniva da un lungo periodo di stop, Tsitsipas ha subito a fine stagione scorsa un intervento al gomito, Federer ha praticamente smesso, Berrettini ha giocato solo l’Australian Open e ha appena subito un intervento alla mano, Sinner ha cambiato allenatore, ha avuto il Covid, l’influenza e le vesciche al piede – forse dimentico qualcosa –, Auger e Shapovalov continuano a non convincere, Ruud è appena tornato competitivo dopo aver saltato l’Australian Open, Zverev è irascibile e convince solo indoor. Ho citato a memoria, forse ho dimenticato qualcuno – Rublev – o qualcosa ma la stagione non è partita con molto sprint e brillantezza se si guarda ai principali protagonisti.
Carlitos figlio di un tennista non professionista e che ha avuto in mano la prima racchetta dopo aver posato il biberon, è comunque fortissimo. E’ potente e veloce, sa giocare in ogni zona del campo, usa benissimo la palla corta, si posiziona bene a rete, ha una buona prima che propone in modo intelligente e soprattutto è capace di giocare in maniera straordinaria i punti che contano.
Lo ha dimostrato con Kecmanovic – se possibile andate a rivedere, per chi non lo ha fatto, quella partita perché è stata bellissima – e anche con Hurkacz. E’ forse questa la sua dote migliore, quella che lo contraddistingue dai comuni mortali: saper alzare i giri del motore quando necessario.
Attenzione tuttavia a pensare che i suoi avversari dal prossimo torneo raccoglieranno briciole o quasi. Sono troppe le variabili che entrano in gioco nel tennis per fare delle previsioni a lunga durata. Le condizioni possono cambiare. Possiamo solo dire con certezza che per la concorrenza alla pool position si è solo aggiunta una new entry, sicuramente speciale. Le carte si mischieranno di nuovo e non credo che i migliori, compreso i nostri, staranno a guardare.
Una cosa a oggi lo differenzia sicuramente dagli altri. Alcaraz ha un gruppo di lavoro formidabile a iniziare da Ferrero che lo potrà far crescere ancora senza stress suppletivo. Gli altri competitor da questo punto di vista, chi più chi meno, latitano. Potrebbe essere questa la variabile capace di fare la differenza. Non è da sottovalutare. Credo sia necessario, per chi vorrà giocare alla pari con lui, farlo anche fuori dal campo. Altrimenti il confronto potrebbe sì diventare impari.