Thiem batte Tsitsipas nella rivincita del match che fu la finale dell’edizione 2019. Medvedev conferma la sua superiorità su Zverev.
Domenica 15 novembre con il match Thiem–Tsitsipas è iniziata la cinquantunesima edizione del Masters, dal 2017 Atp Finals, che si svolge nella capitale inglese dal 2009. Dal prossimo anno, come sappiamo, il torneo dei Maestri arriverà per la prima volta in Italia e sarà ospitato al PalaAlpitour di Torino.
La relativa casualità della composizione dei gruppi e del sorteggio ha voluto che ripartissimo dalla finale dello scorso anno.
A un anno di distanza il giocatore di Wiener Neustad ha assaporato il piacere della rivincita che riscalda come un pullover di cashmere in una fredda giornata invernale e fortifica come una bevanda nutriente dopo una maratona.
Stefanos e Dominic sono scesi in campo consapevoli che in questo match si giocavano un posto anticipato per le semifinali di sabato. Intendiamoci, i giochi non sono ancora fatti e il greco che ha perso la partita al terzo set dopo quasi due ore e trenta minuti ha ancora l’opportunità, vincendo i prossimi incontri, di continuare il percorso che l’anno scorso lo portò al primo rilevante titolo della sua ancora giovanissima carriera. Che la posta in palio fosse importante lo si è capito fin dai primi scambi dove la tensione era molto alta e amplificata dai silenzi dello scenario surreale dell’O2 Arena nella quale erano presenti solo una settantina di addetti ai lavori. Lo sport ha bisogno del calore del pubblico. I tennisti in questi mesi l’hanno capito e detto più volte. Credo che il fattaccio Djokovic non sarebbe successo se ci fossero stati gli spettatori.
In che condizione fisica e psicologica sono arrivati i due player che hanno avuto l’onore e l’onere di aprire l’edizione 2020 del Masters? Per l’austriaco è stata la stagione nella quale ha superato un muro che sembrava invalicabile. E’ diventato con la vittoria di Flushing Meadows, complici la follia di Djokovic e l’incapacità di vincere di Sascha Zverev, il centocinquantesimo Slammer. Prima di lui solo Cilic, sempre a New York nel 2014, dopo i soliti noti. C’è riuscito sul terreno che gli sembrava ostile fino ad un paio di anni fa, perlomeno per i successi che lasciano il segno. Si pensava a Dominic come al naturale successore di Nadal al Roland Garros. Quest’anno vi è arrivato troppo stanco e con la sbornia della vittoria newyorkese ancora da smaltire. Sono tuttavia certo che il prossimo anno a Parigi, torneo nel quale ha già fatto due finali, vorrà rendere la pariglia a Nadal ancor più di come gli era riuscito nel 2018 e nel 2019.
Per il greco le ombre hanno superato ampiamente gli sprazzi di luce. La stagione che doveva essere quella del definitivo lancio si è rivelata anonima. Il covid-19 ha sicuramente influito sulla preparazione e quindi sui risultati ma i sei match point di cui quattro sul proprio servizio nell’incontro di terzo turno a Flushing Meadows avuti contro Coric hanno poco a che vedere con la pandemia. Dopo la semifinale Slam persa contro Nadal, solo sei giochi fatti l’anno scorso a Melbourne, è tornato a giocarne un’altra, quella del Roland Garros. L’ostacolo questa volta è stato Djokovic anche se il terzo e il quarto set del greco sono da incorniciare. La concorrenza incomincia a diventare molta, ma da un giocatore con il suo talento mi aspetto uno Slam in tempi brevi e una guida che lo sappia valorizzare.
Cosa possiamo ricordare della partita Thiem-Tsitsipas? Pur non avendo offerto le stesse emozioni della finale dello scorso anno – da quel match non si erano più incontrati – ci ha regalato uno spettacolo di buona qualità.
Visto l’equilibrio in campo che Dominic non è riuscito a spezzare nelle tre palle break che Stefanos gli ha concesso, è stato equo che il primo set abbia visto la sua naturale conclusione nel tie-break. L’austriaco è stato bravo a recuperare uno svantaggio di 3-5 e chiudere con un paio di preziosi gioielli – ricordo in particolare un favoloso diritto dopo un lungo scambio – per 7-5. Grazie ad un atteggiamento maggiormente votato alle soluzioni d’attacco Stefanos ha strappato sull’1-1 il servizio a Dominic difendendolo, grazie ad ottimi servizi, fino al 6-4. Nel terzo set è stato decisivo il game lungo undici minuti nel quale Thiem ha annullato con grande abilità la palla che avrebbe rimesso in corsa il giocatore di Atene sotto 1-3. Vinto quel gioco fiume, Dominic ha chiuso per 6-3 riprendendosi la rivincita dell’incontro dello scorso anno nel quale aveva avuto anche un match point e al quale credo abbia spesso pensato in questi dodici mesi.
Nel match giocato domenica sera tra Nadal e Rublev si sono incontrati player che hanno affrontato la stagione post lockdown in modo opposto. Rafa si è posto come obiettivo primario vincere il Roland Garros, Andrej quello di giocare il maggior numero di match per scalare la classifica ed entrare per la prima volta nella top ten. Entrambi sono riusciti nei loro intenti. Il maiorchino ha dominato il Roland Garros e sembrava che potesse chiudere la stagione con il tredicesimo titolo al torneo parigino. Ci ha ripensato e ha deciso di provare a vincere per la prima volta il torneo dei Maestri. Ha così giocato a Parigi-Bercy con l’intento dichiarato di preparare al meglio le Finals di Londra. Nella capitale francese ha messo nelle gambe, senza vincere il titolo, un certo numero di ore che gli potranno tornare molti utili durante questa settimana. A Bercy ha perso in semifinale contro Sascha Zverev che ha avuto una delle sue migliori prestazioni in stagione.
Andrej quest’anno ha fatto incetta di titoli. Nei 500 di Amburgo, San Pietroburgo e Vienna ha perso solo quattro set in quindici incontri compreso quello giocato con Sinner che si è ritirato dopo pochi minuti. E’ mancato tuttavia nei tornei che fanno la storia. A Flushing Meadows così come al Roland Garros è arrivato ai quarti, sconfitto rispettivamente da Medvedev e Tsitsipas mentre a Melbourne è uscito agli ottavi di finale perdendo da Sascha Zverev. Al torneo di Parigi-Bercy la sconfitta al terzo turno contro Wawrinka aveva lasciato accesa una spia rossa della quale non conoscevamo a pieno il significato. Affaticamento e stanchezza dopo una lunga rincorsa o solo un momento di pausa studiata per riprendere fiato prima della corsa finale?
La partita contro Nadal farebbe pensare che il suo serbatoio abbia finito il carburante. Vedremo oggi nel match contro Tsitsipas se è veramente così. Intanto posso dire che l’incontro con l’iberico è stato a senso unico. Rublev non è mai riuscito a imporre il suo gioco tambureggiante da fondo fatto di diritti giocati sempre in progressione. Nadal ha saputo razionalizzare molto bene le forze spendendo il necessario per scoraggiare fin dalle prime battute il suo avversario. Gli sono bastati due break – il primo al quinto gioco del primo set e il successivo all’inizio del secondo – per togliere qualsiasi velleità ad un giocatore che deve lavorare ancora molto dal punto di vista emozionale. Quando il match prende una brutta piega si scoraggia fin troppo facilmente, si arrabbia con se stesso e non riesce a trovare soluzioni tattiche alternative.
E’ troppo presto, ovviamente, per dire come finirà, comunque credo che un Nadal alla ricerca dell’unico titolo importante che gli manca e molto meno acciaccato e affaticato degli altri anni debba essere considerato un pericolo per tutti, anche per Djokovic.
Lunedì pomeriggio si è giocato l’incontro del primo turno dal risultato più scontato. Di fronte Djokovic che per il sesto anno chiude in prima posizione, eguagliando Sampras che tuttavia ebbe il merito di raggiungere questo straordinario record consecutivamente, e Schwartzman che per arrivare al traguardo del Masters ha dovuto faticare non poco compiendo una lunga rincorsa che lo ha visto protagonista sul rosso del Foro Italico e del Roland Garros. Per onestà di cronaca dobbiamo ricordare che non farebbe parte del lotto se Federer non fosse fermo ai box dopo l’operazione al ginocchio destro.
Nole invece ha dominato la prima parte di stagione senza perdere un match, ma nel dopo lockdown ha palesato nervosismo e una condizione fisica non perfetta che gli hanno fatto fare una brutta figura, anche se per motivi diversi, sia a Flushing Meadows che al Roland Garros.
Diego nella conferenza stampa di presentazione del match, il primo del girone Tokio 1970, aveva spiegato che avrebbe dovuto “giocare al massimo per tutta la partita, senza avere alcun calo di concentrazione”. Ci ha provato ma senza riuscirci. Effettivamente il giocatore di Buenos Aires è partito velocemente brekkando il serbo sull’1-1 ma la speranza di tenere in vita la fiammella è durata pochissimo. Djokovic ha alzato i ritmi da fondo e in risposta riuscendo a strappare il servizio per due volte all’argentino che non ha potuto che consegnarsi sul punteggio di 6-3. Se nel primo set una parvenza di lotta non è mancata, nel secondo il break iniziale del serbo ha tolto pathos al match nel quale Diego ha provato alcune strategie alternative – vari tentativi di variare velocità, altezza e traiettoria della palla – che hanno finito per aumentare il gap di distanza che passa tra il numero 1 e il numero 9 della classifica mondiale. Se nella finale del Foro Italico l’incontro fu abbastanza lottato, ieri abbiamo visto due player che soprattutto sul veloce indoor sono solo lontani parenti.
Nole non ha giocato al massimo delle sue possibilità. Dovrà riservare il meglio nelle prossime partite se vuole tornare a vincere il torneo dei Maestri che non fa suo dal 2015. Statene certi, la concorrenza non gli mancherà.
Si erano incontrati l’altra domenica nella finale di Parigi-Bercy. Ieri sera Medvedev e Zverev si sono sfidati nell’ultimo match della prima sessione di gare del girone Tokio 1970. Per entrambi è stato un match carico di aspettative e di significati. Chi dei due è più avanti nella scalata alla vetta della classifica mondiale? Daniil sembra essere tornato solo nell’ultimissimo periodo il player dal gioco ortodosso ma efficace che aveva mostrato nella seconda parte di stagione dello scorso anno, come ha dimostrato domenica scorsa nel terzo set contro Sascha. Zverev tuttavia da quando è seguito da Ferrer, ha rialzato in modo importante il suo livello che era sembrato svanire dopo le prime vittorie masters 1000 di quando aveva vent’anni.
Che la tensione fosse uno stato d’animo ben palpabile lo si è visto fin dai primi scambi del match. Nella difficoltà di entrambi a tenere il proprio turno di servizio e nella frenesia dalla quale venivano attanagliati ogni volta che i loro colpi uscivano dal piatto corde. Troppi gli errori gratuiti da fondo, molti i doppi falli. Sono entrati in campo ben sapendo che il loro era quasi un match di spareggio.
E’ stata una partita ben diversa da quella disputata otto giorni fa dove ci furono molti vincenti, tanti ace e punti spettacolari. Benché quella fosse una finale di un Masters 1000, nella mente dei due player la partita di ieri secondo me aveva un valore maggiore. Aggiudicarsela avrebbe significato fare un passo quasi decisivo per raggiungere le semifinali del Masters.
Il forte stato di agitazione ha colpito Zverev per tutto il match nel quale è sembrato un lontano parente del finalista di Bercy, mentre Medvedev ha incominciato a giocare meglio dalla fine del primo set che è riuscito a vincere per 6-3. Nel secondo il break decisivo è arrivato nel fatidico settimo game. Ha chiuso 6-4 con l’ultimo gioco vinto a 0.
Ora Sascha mercoledì si giocherà con Schwartzman le residue speranze per arrivare in semifinale. Per Medvedev il Masters è incominciato col piede giusto. L’anno scorso vi arrivò stanco e non vinse nemmeno un match. Quest’anno per lui potrebbe essere una storia molto più felice.