US Open penultimo atto: questa sera all’Arthur Ashe Stadium scenderanno in campo Daniil Medvedev (2)–Felix Auger-Aliassime (12) e a seguire Novak Djokovic (1)–Alexander Zverev (4). All’appuntamento nelle sfide incrociate tra i migliori quattro del mondo mancherà il solo Stefanos Tsitsipas (3) che è stato sconfitto al terzo turno dal diciottenne spagnolo Carlos Alcaraz.
A prima vista potremmo dire che la 141a edizione del Major americano si è svolta secondo le previsioni. E’ vero, ma fino ad un certo punto. Diversi gli spunti interessanti perché non sono certo mancati gli effetti clamorosi e le delusioni cocenti.
Mancavano Nadal e Federer. Torneranno e se sì avranno ancora un ruolo in uno sport che nel periodo post bolla sta presentando il più importante cambio generazionale che non si vedeva da tantissimi anni? Sono sempre più protagonisti, o almeno presenti nei turni finali dei tornei Atp, giocatori giovani e giovanissimi. In questo momento Alcaraz è l’esempio più eclatante ma Rune, Brooksby, Nakashima, Korda, Musetti e ovviamente Sinner sono solo la punta di un movimento tennistico in fase di forte transizione.
Per Nadal e Federer dovremo attendere per capire qualcosa di preciso, ma ovviamente il tempo non gioca a loro vantaggio. In particolare il maiorchino dovrebbe essere ancora in grado di competere sulla terra rossa ma non so quanti oggi metterebbero la mano sul fuoco sulla sua 14a vittoria al Roland Garros che questa primavera, dopo il successo al Foro Italico, si dava per scontata. Credo nemmeno lui.
Ha deluso Tsitsipas che dopo essersi dimostrato assoluto protagonista nei tornei europei sul rosso è completamente mancato nella seconda parte di stagione, in attesa di vedere che cosa sarà in grado di fare negli ultimi Masters 1000 e alle Atp Finals di Torino. La sconfitta con Alcaraz ha dimostrato che il suo temperamento è soggetto a repentini cambiamenti umorali e cali di concentrazione che finiscono per influire molto sul gioco che è ancora discontinuo.
Alcaraz è sicuramente da considerare la sorpresa più lieta di Flushing Meadows. Nel suo torneo non c’è stata solo la vittoria con il greco ma una serie di prestazioni maiuscole che hanno sfatato il luogo comune che lui è solo un giocatore da terra – ci ricordiamo quello che si diceva su Nadal –?
Ovviamente dopo la vittoria con Stefanos gli stessi che lo consideravano poco adatto al cemento si sono stupiti che il suo cammino sia finito solo ai quarti di finale e per di più con un ritiro. Non si è tenuto conto dello sforzo psicofisico che ha dovuto produrre e alla mancanza di esperienza a giocare diverse partite negli Slam che sono match molto diversi da quelli che si disputano nei tornei Atp.
Alcaraz si è ritirato nei quarti di finale contro il canadese Auger. Sul cemento americano molti si aspettavano risultati importanti dal suo compagno di squadra Shapovalov che invece, messo piede nel Nuovo Continente dopo la prima semifinale Slam, ha clamorosamente deluso a casa sua, a Cincinnati e in questo torneo dove ha perso dal sudafricano Harris in tre set, nome abbastanza nuovo insieme a quello vergine di van de Zandschulp dei quali sicuramente sentiremo parlare sempre di più nei mesi che verranno.
Ho nominato Auger, se lo merita. Felix, che ha compiuto l’8 agosto scorso 21 primavere, sono anni che è atteso da prestazioni strabilianti. Da quando nel febbraio 2019 si è affermato sulla scena mondiale ha sì alternato ottime partite a sconfitte non previste anche con giocatori mediocri, ma non si può certo dire che abbia fatto passare il tempo inutilmente. Ha giocato 8 finali Atp, non poche anche per un predestinato come lui, figlio di un maestro di tennis del Togo.
Oggi, dopo aver giocato gli ottavi all’Australian Open e i quarti a Wimbledon, a dimostrazione della crescita lenta ma costante, grazie anche ai consigli di Toni Nadal, affronterà la prima semifinale Slam contro Medvedev che in questo torneo finora è quello che ha fatto meglio e si è mostrato più sicuro dei propri mezzi. Credo che il moscovita sia il favorito perché più esperto e con meno cali di concentrazione nel corso del match. Felix lo potrebbe comunque mettere in difficoltà anche se secondo me, posso sbagliarmi, non ha raggiunto ancora la maturità per una finale Slam.
Djokovic-Zverev è il match che tutti s’attendevano nella parte alta del tabellone. Dopo averlo battuto alle Olimpiadi Sascha si è posto come sicuro baluardo tra il serbo e la vittoria a Flushing Meadows che per Djokovic significherebbe Grande Slam, definizione che non vuole più sentire nominare come ha ribadito nell’intervista a Patrick McEnroe dopo la vittoria contro Berrettini, per ora l’unico giocatore italiano di sicuro affidamento nei tornei lunghi.
Sascha e Nole s’incontrano per l’undicesima volta. Il tedesco lo ha sconfitto tre volte, sempre in finali importanti. Nole, che in questo torneo incomincia a giocare come sa solo dal secondo set, lo teme. Sascha ha un gran servizio, manovra molto bene di rovescio, ha ottimi cambi di ritmo e come ho detto sa come batterlo. Non so tuttavia se possa bastare. Credo che Djokovic, se necessario, alzerà ulteriormente il suo livello di gioco. Difficile pensare che possa fallire la finale che lo potrebbe consegnare per sempre alla storia del tennis con un’impresa epica, una delle più grandi da quando esistono le gare sportive.