Quando nel 2019 fu cambiato il formato della Coppa Davis molti di noi storsero il naso perché il mitico campionato del mondo per nazioni di tennis, la più vecchia competizione sportiva a squadre ancora in vita, nato nel 1900 e che vide l’Italia partecipare per la prima volta nel 1922 aveva cambiato identità. E’ stata questione di business, di sponsor, marketing e del poco tempo messo a disposizione dai giocatori che sono sempre più piccole aziende personali, perlomeno i migliori, attenti ad accumulare gloria e denaro.
Anche se rispetto ai tempi che non torneranno è cambiato tutto, ma proprio tutto, tanto che dobbiamo sperare in qualche ripensamento per gli anni che verranno considerato che per chi organizza in termini economici è stato quasi un bagno di sangue, oggi accontentiamoci della finale contro l’Australia visto che ieri, quanti appassionati e non di tennis hanno seguito Italia-Serbia?, uno straordinario Sinner ha fermato il cannibale Djokovic ad un millimetro dal traguardo e poi ha accompagnato Sonego verso una vittoria che sembrava a dir poco insperata.
Gli aussie, gli avversari di oggi, non destano ricordi favorevoli considerato che le tre volte che li abbiamo incontrati in finale – 1960, 1961 e 1977 – sempre a casa loro abbiamo preso delle sonore batoste. I tempi però sono cambiati: Laver, Fraser, Emerson, Roche, hanno smesso di giocare da un bel po’ di tempo e il campionissimo questa volta è italiano.
Con gli australiani ci andò male nel 1960 e nel 1961 quando per noi giocavano Pietrangeli e Sirola e nel 1977 quando a tenere alti i nostri colori c’erano Panatta, Barazzutti e Bertolucci, ma anche nel 1979 contro gli Stati Uniti di McEnroe e Gerulaitis e nel 1980 con la Cecoslovacchia di un giovanissimo Lendl ci siamo fermati all’ultimo passo. Siamo arrivati in finale per l’ultima volta nel 1998 a Milano contro una Svezia forte, forse non imbattibile ma fummo sfortunati perché Gaudenzi, il nostro player migliore, si ruppe mentre stava producendo il massimo sforzo.
Possiamo dirlo, ma non dobbiamo urlare. Oggi contro la squadra australiana siamo favoriti ma nel tennis, lo sport del diavolo per eccellenza, io consiglio sempre di non fare previsioni.
Speriamo di bissare il successo del 1976 quando volammo in Cile nonostante il Paese, quasi nessuno escluso, non ci volesse far partire. Eravamo a pochi giorni dal Natale e per noi bambini e ragazzini che avevamo già preso in mano la racchetta di legno fu una gioia grande perché capimmo l’importanza dell’impresa anche se la Rai fece di tutto per non farcela godere visto che riuscimmo a vedere pochissime immagini sfocate. Un grande successo sportivo che fu rimosso immediatamente.
Oggi, se dovesse accadere di nuovo, potremo vivere per intero quella giornata storica per il nostro sport. E già questa mi sembra una bella vittoria.