Cosa ci ha insegnato la trasferta della squadra italiana a Bratislava? Cosa ci rimane? Intanto ci ricorda che la competizione a squadre nel tennis giocata al limite delle cinque partite, quando è equilibrata, è uno spettacolo bellissimo, quasi unico nel mondo dello sport.
Troppi i detrattori negli ultimi anni. Il tennis di Davis è fatto di gesti tecnici ma non solo. Esistono il pathos, le emozioni, il tifo del pubblico, lo stare insieme, il far parte di un gruppo del quale si sente la comunanza, la vicinanza dei valori, il confronto. E’ una esperienza unica e irripetibile che è nel Dna di questa competizione la cui prima edizione fu giocata nel 1900.
E’ una sfida con sé stessi che insegna regole che serviranno sempre, soprattutto quando si vivranno momenti bui. E’ una sfida con gli altri dove l’altro è l’avversario che gioca per gli stessi obiettivi. E’ tennis ma non solo. Chi non partecipa sbaglia perché perde un’esperienza irripetibile. Chi ha giocato i campionati nazionali di serie minore – B, C, – sa benissimo di cosa sto parlando. E’ una parentesi prima di tornare nell’ordinario.
Questi due giorni cosa ci hanno detto? Che abbiamo un ragazzo di vent’anni, Jannik Sinner, che è già leader e che ha saputo mettersi sulle spalle il peso quasi per intero della trasferta. Se siamo tornati salvi da Bratislava lo dobbiamo soprattutto a lui che vince ed è punto di riferimento imprescindibile. In questo momento è il baluardo della squadra. Presente in campo e anche fuori quando a giocare sono gli altri.
Gli altri. Lorenzo Musetti, vent’anni compiuti tre giorni fa, ha le stigmate del campione. Ha braccio e testa, un gioco che gli nasce da dentro, che si porta da casa anche se la formazione è solo all’inizio. Non era facile entrare e giocare il punto del dentro – fuori, ancora meno dopo aver perso il primo set.
Lorenzo ha continuato a fare il suo gioco, non lo ha mai snaturato. Ha alzato il rendimento nei momenti decisivi, ha saputo rischiare quando serviva. Ha razionalizzato le risorse ma ha saputo essere esplosivo ed emotivamente caldissimo quando la palla scottava. Gli ultimi due game sono stati esplicativi, l’esempio di quello che sto scrivendo.
Lorenzo Sonego è mancato. Rimane l’impegno e la garra che lo hanno sempre contraddistinto ma in questo momento non bastano. Dopo gli ottavi di Wimbledon ha vinto poco, troppo poco per un semifinalista degli Internazionali d’Italia. Non riesce più a fare punti facili, entra ed esce dai match nel giro di pochi minuti, illude e disillude. Ha perso la capacità di chiudere le partite. La crisi è tecnica e psicologica. Quando si perde la strada della vittoria e con essa la fiducia succede.
Ha le capacità tecniche, fisiche e mentali per potersi riprendere anche in tempi piuttosto brevi. L’importante è confrontarsi con le difficoltà, magari chiedere un aiuto. L’unico errore che potrebbe fare è pensare che passerà solo con un po’ più d’impegno. Ci vuole lucidità. Chi gli sta vicino ha il dovere di aiutarlo. Ha 26 anni e ha ancora la possibilità di crescere, di fare altri risultati esaltanti, tuttavia deve smettere di dire che va tutto bene perché non è vero.
Mancavano Matteo Berrettini e Fabio Fognini, entrambi per problemi fisici, tuttavia non dobbiamo dimenticare che Matteo aveva preso la decisione di saltare la trasferta. Lui deve dare la sua disponibilità, da n°1, anche se la partita non sembra complicata. Il gruppo si forma nella continuità, nella presenza, nella disponibilità, poi si può decidere anche di non giocare o di fare solo una partita. Il suo apporto è fondamentale sia nelle fasi finali che nel match di qualificazione.
Fabio Fognini purtroppo non ha potuto rispondere alla convocazione. Credo che gli sia dispiaciuto molto. Bolelli-Fognini possono diventare fondamentali per vincere la Coppa Davis. Non ci sono in questo momento alternative valide e non è giusto chiedere sempre a Sinner il doppio impegno. Fabio e Simone possono giocare nel circuito almeno per un paio di anni ancora ad alto livello con la possibilità non remota di qualificarsi anche per le Atp Finals di Torino.
Volandri deve ovviamente pensare anche a un progetto doppio valido nel tempo. Per costruirlo ci vogliono anni. E’ comunque fondamentale se vogliamo tornare a vincere la Coppa Davis che con il formato attuale non garantisce le squadre più forti. E noi siamo sicuramente tra queste.