Il primo fu Nastase dal 23 agosto 1973. L’ultimo, il ventisettesimo, è Medvedev dal 28 febbraio 2022. In questo periodo tutti i più grandi player dell’era moderna sono diventati n°1 del ranking mondiale. Penso a Connors, Borg, McEnroe, Lendl, Edberg, Becker, Sampras, Agassi, fino ad arrivare ai Fab Four. Federer agguantò il primo posto il 2 febbraio 2004 strappandolo a Roddick. Da allora si sono succeduti solo Nadal, Djokovic e Murray per meno di un anno.
Visto l’assoluto dominio negli ultimi 18 anni dei tre grandissimi della racchetta la notizia non può che fare un certo effetto. C’è tuttavia da dire che questo primo posto, fino a qualche mese fa impensabile, viene più per sottrazione che per addizione. Djokovic per le note vicende australiane, non ancora chiare e per le quali è per buona parte responsabile, non ha potuto difendere la vittoria dello scorso anno proprio contro il moscovita.
La domanda che stuzzica un po’ tutti e che viene spontanea è se Medvedev merita questo titolo e per quanto tempo riuscirà a mantenere la posizione.
In questo momento Daniil ha dimostrato di valere questa classifica sul cemento anche se ha deluso in parte sia alle Atp Finals che al primo Slam di stagione. A Torino ha trovato in Zverev un avversario particolarmente ispirato, a Melbourne ha incontrato in Nadal un giocatore caparbio e capace come nessuno di credere fino all’ultimo alla remuntada.
Dobbiamo anche dire, tuttavia, che in certi momenti Daniil è sembrato l’unica alternativa possibile a Djokovic che negli ultimi due anni aveva quasi completamente dominato il tennis e non solo perché l’ha battuto lo scorso settembre nella finale di Flushing Meadows. La sua scalata è stata progressiva.
Quando Medvedev si presentò nel 2017 alla prima edizione del torneo Next Gen di Milano era un signor nessuno capitato nella città della Madonnina un po’ per caso. Gli occhi erano puntati su Shapovalov e Rublev. Vinse sorprendentemente il coreano Chung. Zverev e Tsitsipas, entrambi più giovani arrivarono come comparse e giocarono tra loro un set d’esibizione. Il tedesco era già una stella di prima grandezza – la settimana successiva partecipò alle Atp Finals di Londra –, il greco era la prima riserva ma si si rifece l’anno seguente vincendo l’evento delle giovani promesse.
Nel giro di pochi mesi la stella di Daniil progressivamente incominciò a brillare. Vinse tre tornei nel 2018 – il primo a gennaio a Sydney –, ma fu soprattutto nell’estate del 2019 che fece sentire forte e chiara la sua voce. Arrivò all’ultimo atto a Washington e a Montreal, vinse a Cincinnati e rimontò due set a Nadal nella finale di Flushing Meadows prima di cedere per un soffio nell’entusiasmante quinta frazione.
Da quel momento tutti capirono che per vincere bisognava fare i conti anche e soprattutto con la sua personalità e il suo gioco che non si può insegnare nelle scuole tennis ma che lui rende redditizio e vincente. Nel 2020, l’anno segnato dalla pandemia, vinse l’ultima edizione giocata a Londra delle Atp Finals.
Quello che vi ho raccontato è importante per capire la sua ascesa, ho anche tralasciato altri successi di prestigio come Shanghai, Parigi-Bercy e Toronto, ma c’è un dubbio che lascia sospeso il giudizio su di lui. Finora a livello Atp ha giocato 23 finali vincendone 13. Quante sono quelle che ha giocato sul cemento indoor e outdoor? 21. L’unica vinta non sul duro è stata quella abbastanza irrilevante sul erba di Maiorca nel giugno dello scorso anno contro Querry. Sulla terra ha perso a Barcellona contro Thiem nel 2019.
Quindi Daniil non sa vincere su altre superfici che non siano il cemento? Non credo, anche se sarà sul duro che porterà a casa il maggior numero di titoli. Finora al Roland Garros e a Wimbledon non ha mai fatto particolarmente bene. Solo lo scorso anno si è spinto fino agli ottavi a Londra dove ha perso da Hurkacz al quinto set e ai quarti a Parigi dove è stato sconfitto da uno straripante Tsitsipas.
Il suo più che un problema tecnico sembra essere una questione mentale. Ha sempre giocato i tornei primaverili europei pensando che non gli erano adatti. Già l’anno scorso, in particolare sull’erba, ha mostrato che è un fatto di attitudine. Il suo staff deve lavorare su oggettive questioni tecniche adattando meglio alcuni suoi colpi ma soprattutto lui si deve convincere che non deve andare a Roma, Madrid, Parigi e Londra come un turista.
Oggi che è numero 1 sa che ha maggiori responsabilità quindi immagino che la sua preparazione per quei tornei non sarà lasciata al caso. I grandi, nati come vincenti su una superficie hanno sempre fatto molti sforzi per dimostrarsi dei campioni ovunque. Pensiamo alle vittorie dei terraioli Borg e Nadal a Wimbledon, ma anche di Federer al Roland Garros. Va comunque ricordato che McEnroe, Sampras, Becker ed Edberg non hanno mai vinto il Roland Garros e Lendl non è mai riuscito a sedersi sul trono dei Championships.
Vedremo che tipo di campione sarà Medvedev, ben sapendo che in questo momento di grande transizione il suo compito non sarà per nulla facile perché ci sono giovani e giovanissimi pronti a dargli battaglia fin dal prossimo torneo. Vincere per Daniil al Roland Garros la considererei un’impresa, forse a Wimbledon ha maggiori possibilità. Fra non meno di un paio di anni sapremo quanto sarà stata importante la sua leadership e se sarà un campione destinato alla storia del nostro sport.