Terminata la carriera di una leggenda del tennis.
ROGER FEDERER NON E’ OVVIAMENTE IL GIOCATORE DEL MESE E NEMMENO IL PLAYER DEL 2022. E’ SEMPLICEMENTE UNO DEI PIU’ GRANDI DELLA STORIA DEL NOSTRO SPORT CHE HA TERMINATO QUEST’ANNO UFFICIALMENTE LA CARRIERA ANCHE SE L’ULTIMA PARTITA VERA L’HA GIOCATA CONTRO HURKACZ NEI QUARTI DI FINALE DI WIMBLEDON DEL 2021.
Non sappiamo come Roger, una volta raggiunti gli anta quando il ginocchio destro continuava a fargli male nonostante le operazioni e la fisioterapia, avrebbe voluto chiudere la sua più che ventennale carriera. Forse vincendo il torneo di Basilea, o meglio prendendosi la rivincita contro Djokovic a Wimbledon dopo che nel 2019 era arrivato per due volte ad un passo dal nono successo al Centre Court di Church Road, o magari primeggiando al torneo dei Maestri che ha fatto suo per sei volte ma che non vince dal 2011. Niente di tutto questo.
Ha terminato con un evento da lui stesso ideato per celebrare Rod Laver, il leggendario tennista australiano ora ottantaquattrenne che ha completato per due volte, unico nella storia, – nel 1962 e nel 1969 quando il tennis era da pochi mesi diventato Open – il Grande Slam. Roger nei suoi anni migliori, quando era l’indiscusso n°1, ci sarebbe forse riuscito se non avesse incontrato sulla sua strada Rafael Nadal di cinque anni più giovane ma che sulla terra rossa ha incominciato a vincere quando era ancora teen-ager.
E’ stato proprio con il compagno Rafa in un match voluto da entrambi che venerdì 23 settembre ha giocato la sua ultima partita alla O2 Arena di Londra contro gli statunitensi Tiafoe e Sock. Rafa ha tenuto particolarmente, è ripartito il giorno dopo perché la moglie era in dolce attesa, ad essere presente all’ultimo giro di Roger prima che si chiudesse per sempre, almeno ufficialmente, il sipario. A dire il vero questa manifestazione, riconosciuta dall’Atp ma che non distribuisce punti, è più una passarella tra alcuni dei migliori giocatori del mondo che un vero torneo.
In quasi vent’anni Roger e Rafa hanno imparato a conoscersi e riconoscersi, a diventare amici, quasi a volersi bene. Lo si è visto durante l’incontro contro gli statunitensi nel loro continuo cercarsi, nei dialoghi stretti stretti, in qualche risata a stemperare il clima che era di gioia ma anche di commozione, ma soprattutto nei loro pianti a partita finita, nel tenersi per mano con gli occhi lucidi.
Seduti in panchina avranno rivisto scorrere nei loro occhi molti fotogrammi di un film che li ha visti fronteggiarsi in partite epiche. Penso alla finale degli Internazionali d’Italia del 2006, a quella del Roland Garros dello stesso anno, vinte entrambe dal maiorchino ma dopo ore di lotta strenua. Agli ultimi atti giocati sull’erba ormai un po’ spelacchiata di Wimbledon dal 2006 al 2008 con il successo del ragazzo di Manacor nel terzo epico match dopo che nei primi due aveva subito la legge del Genio che si muoveva su quei prati come nel giardino di casa. La loro ultima sfida per un titolo Major l’hanno giocata nella calda estate australiana il 29 gennaio del 2017 dopo che erano stati fermi per diversi mesi per problemi fisici. Non erano i favoriti, nessuno in quei giorni pensava che potessero giungere in finale e dare, superati i trent’anni – Roger abbondantemente – uno spettacolo esaltante con molti cambi di scena e colpi da cineteca tennistica.
La carriera di Federer è stata così lunga che ha fatto in tempo a incontrare 15 dei 28 player diventati n°1 del mondo. Da Sampras, che lo divenne per la prima volta il 12 aprile del 1993, ha giocato con tutti tranne che con Muster e Alcaraz che ha incominciato a misurarsi con i migliori quando Re Roger era fuori gioco. A proposito del grande Pete molti appassionati avranno ancora negli occhi la loro unica sfida che avvenne lunedì 2 luglio 2001 a Wimbledon negli ottavi di finale quando Roger, battendo 7-5 al quinto set il sette volte campione sull’erba londinese, si fece conoscere agli appassionati di tutto il mondo.
Nel lungo passaggio di tempo non ci sono solo le sfide che hanno caratterizzato gli ultimi quindici anni di tennis mondiale con Djokovic, Murray e come abbiamo ricordato Nadal, ma anche quelle di inizio carriera con Safin e Kafelnikov, Agassi e Hewitt e diversi altri con i quali, quando ha vinto, ha dovuto sudare spesso le fatidiche sette camicie, soprattutto ad inizio carriera.
Ormai i numeri dei tornei vinti e persi per un soffio – questi ultimi non sono pochi –, le statistiche, il dibattito sulla questione del GOAT che tanto ci appassiona possiamo abbandonarli per un po’ di tempo. Verrà il momento per rifletterci, analizzarli meglio quando la cronaca sarà diventata storia lasciandoci quello spazio che permette a tutti di essere più lucidi e obiettivi.
Per ora accontentiamoci di dire che forse abbiamo vissuto un’epoca d’oro difficilmente ripetibile ma non per questo dobbiamo scoraggiarci perché chi è arrivato dopo Roger e gli altri grandi sapranno darci emozioni sempre nuove, anche se diverse, perché questo è il tennis.
IL MIO NON VUOLE ESSERE OVVIAMENTE UN RITRATTO, MA UN SENTITO E BREVE OMAGGIO AL PLAYER CHE HA RESO IL NOSTRO SPORT POPOLARE IN TUTTO IL MONDO. MILIONI DI RAGAZZI HANNNO PRESO IN MANO UNA RACCHETTA DA TENNIS CERCANDO DI EMULARE LE SUE GESTA. GRAZIE ROGER!