Nello scritto di ieri mi ero chiesto quale ruolo riuscisse a giocare Daniil Medvedev nella finale dell’US Open. Non pensavo che diventasse la vittima sacrificale ma neanche il giustiziere. Mi ero sbagliato.
Immaginavo che la tensione emotiva legata all’eccezionalità dell’evento potesse bloccare il serbo solo nel primo set. Ero abbastanza convinto che nel proseguo del match Nole riuscisse a trovare il suo ritmo capace di muovere l’avversario, a indurlo all’errore: la palla lunga, regolare, il pressing asfissiante che spezza le gambe e ruba l’anima come disse di lui Roddik.
Nessun pressing asfissiante, nessuna capacità di imporre il proprio gioco ma solo un’infinità di errori che non gli avevamo quasi mai visto fare. Il ritmo a cui si è scambiato, quando il russo gli ha dato l’opportunità, era quasi sempre basso e questo ha favorito le improvvise accelerazioni di Daniil che riusciva a verticalizzare improvvisamente il gioco.
Quando è stato necessario il russo ha servito, anche di seconda, in modo splendido non dando di fatto mai la possibilità a Nole di rispondere lungo al centro del campo per poi iniziare lo scambio che invece lo vedeva sempre in ritardo. Daniil non gli ha mai dato il tempo di ragionare, di trovare la soluzione migliore, di alzare la testa.
Solo quando la partita era persa – sul 5-1 nel terzo set – per qualche minuto abbiamo rivisto una parvenza del vero Djokovic. E’ vero che l’unico break fatto dal serbo è dipeso soprattutto dai tre doppi falli di Daniil, ma negli scambi finali del terzo set Novak ha incominciato a colpire meglio la palla, forse perché si era tolto la zavorra, il peso della vittoria visto che oramai il traguardo era diventato una meta quasi irraggiungibile.
Credo che Novak si aspettasse un match difficile, sapeva che non sarebbe stata la ripetizione della finale dell’Australian Open. Era diverso il contesto, la pressione psicologica, la consapevolezza di giocare la partita più importante della sua carriera come aveva detto prima di entrare in campo, ma non pensava finisse così male.
Nella sua peggiore partita ha trovato, forse per la prima volta in carriera, il pubblico che lo ha sostenuto dall’inizio alla fine fino a farlo commuovere a fine match. Non è bastato. Medvedev è stato freddo, spietato, letale. Solo quando è andato a servire per il match sul 5-3, il russo ha dimostrato di sentire la tensione, l’emozione della vittoria. Quando il primo Slam era ormai vicinissimo si è fatto prendere dalla fretta, ma questo tempo è durato pochissimo, giusto la durata di un game.
Cosa succederà?
Daniil è lanciatissimo, ha prenotato la poltrona di numero 1 anche se ci vorrà un po’ di tempo prima che vi si sieda. Novak invece non vorrà certo terminare la carriera con questa prestazione incolore. Mentre ringraziava il pubblico ha dato l’appuntamento alla prossima volta. Non so quando lo rivedremo in campo. Non è da escludere che possa tornare con l’Australian Open 2022 perché la delusione e anche la rabbia da smaltire sono pesanti, ma sicuramente lo rivedremo di nuovo carico, almeno per una stagione ancora, pronto a dare battaglia perché la sua carriera straordinaria non finisca con questa sconfitta che brucia. Sarebbe troppo, per quello che ha dato al tennis, e anche ingiusto.
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