Vittoria al Melbourne Park per il serbo che con il diciottesimo titolo Slam si avvicina a Nadal e Federer che sono a quota venti.
Successo in tre set per 7-5 6-2 6-2, terzo consecutivo, di Nole Djokovic all’Australian Open che ha ottenuto oggi la nona vittoria al Melbourne Park. Prima della finale aveva dichiarato che è ancora lontano il momento per abdicare. Non tutti gli avevano creduto. Nole ha giocato questa finale dimostrandosi lucidissimo dal punto di vista tattico – ha fatto sempre la scelta migliore nei momenti decisivi – in perfette condizioni fisiche – una settimana fa sembrava vicinissimo al ritiro – e tecnicamente ineccepibile – la differenza l’ha fatta la sua capacità di imporre dei ritmi insostenibili per il russo –. Il serbo ha migliorato molto il servizio grazie all’apporto di Ivanisevic. La capacità di saper trarre il massimo da questo fondamentale non solo gli ha permesso di tirarsi fuori dai guai nei pochi momenti di difficoltà ma gli ha dato la fiducia di potersi esprimere sempre al meglio.
Djokovic ha vinto perché ad inizio stagione su questi campi è quasi imbattibile, perché aveva preparato con il suo staff la partita alla perfezione, perché oggi è indubbiamente il migliore di tutti. Non ha permesso a Daniil di costruire, gioco dopo gioco, la solita e solidissima ragnatela di colpi fatta di palle angolate, spesso giocate senza peso e con improvvise accelerazioni. A Medvedev gli riuscì con Nadal nella finale di Flushing Meadows 2019 al quale fu capace di recuperare due set prima di cedere 6-4 al quinto. Quest’oggi al contrario il divario è diventato abisso incolmabile col passare dei giochi perché ponendo il russo sempre sotto pressione, Nole gli ha tolto il tempo di ragionare costringendolo sempre a rincorrere non solo nel punteggio ma anche sul campo.
Che il player di Belgrado avesse voglia di fare sul serio si è visto fin dai primi minuti quando è volato sul 3-0 con un parziale di dodici punti a tre. Il contro-break e il ritorno alla situazione di parità grazie ad alcune accelerazioni efficacissime hanno fatto credere agli spettatori che il match si sarebbe potuto svolgere su un binario di sostanziale equilibrio. Nole ha ripreso il comando del gioco e sul 6-5 la sua aggressività lo ha portato a tre palle set. Ha sfruttato la terza che, su errore abbastanza banale di Medvedev, gli ha dato il primo set.
Pensavo fosse solo l’inizio di un match ricco di emozioni e di colpi straordinari giocato sul filo dell’equilibrio. Mi sono sbagliato perché dopo l’1-1 iniziale, break e contro-break, il serbo ha iniziato a dominare da ogni posizione del campo tirando diritti e rovesci profondissimi da fondo sui piedi dell’avversario e all’incrocio delle righe che hanno costretto Daniil a rincorse inutili.
Conclusosi 6-2 il secondo set, stesso copione anche nel terzo. Break all’inizio. 3-0 5-2 in un amen senza dare nemmeno il tempo a Medvedev di riuscire a riordinare le idee per una ipotetica quanto velleitaria rimonta. Nole ha chiuso il match 6-2 con un atipico colpo sopra la testa prima di crollare a terra e quindi salutare il pubblico che non può non riconoscergli di essere indubitabilmente il migliore di tutti.
Aslan Karatsev in queste due settimane ha servito diverse sorprese, veri piatti avvelenati. A Schwartzman al quale ha rifilato un periodico 6-3 senza attenuanti, ad Auger al quale ha recuperato due set perché ancora incapace di lottare quando la battaglia diventa strenua, a Dimitrov che ha avuto la sfortuna di giocare una delle più importanti partite della sua carriera in condizioni fisiche molto precarie, ma chiedergli l’impossibile mi sembrava troppo.
Come avrebbe potuto il player che non aveva mai disputato un torneo Slam, costretto dalla classifica molto alta a giocare in carriera quasi esclusivamente Futures e Challenger, e che ha scoperto probabilmente solo durante queste due settimane i suoi valori tecnici e agonistici che sembrerebbero essere di gran pregio, battere il cannibale del tennis – 27 finali Slam in carriera con 17 successi fino al giorno della semifinale – che al Melbourne Park nelle otto semifinali disputate aveva sempre vinto?
Non avrebbe potuto. Successo di Nole in meno di due ore con un 6-3 6-4 6-2 che non lascia spazio ad equivoci. Tuttavia il lungo applauso che ha accompagnato Aslan quando ha lasciato il palcoscenico a Djokovic la dice lunga su quanto la sua impresa abbia lasciato il segno e abbia coinvolto emotivamente il pubblico. Esisteva un grande divario in termini tecnici, agonistici e mentali e si è visto, ma Karatsev ha avuto il merito di provare a rimanere in partita e a reagire ai momenti di sconforto che non possono non prendere quando l’avversario è chiaramente più forte.
Il momento migliore per il moscovita, perso il primo set per 6-3 dopo un illusorio parziale di 3-3, che maggiormente ha entusiasmato il pubblico tornato sugli spalti dopo cinque giorni nel quale gli era stato vietato l’ingresso per motivi di tutela alla salute pubblica, è venuto quando stava cadendo nel burrone. Sotto 5-1, grazie anche a qualche errore di troppo di Nole e ad alcune chiusure di Aslan con palle velocissime e piatte che abbiamo imparato a conoscere in questi giorni, si è riportato a ridosso con due chance per arrivare in parità. Novak le ha annullate e ha vinto il set per 6-4.
L’equilibrio si è rotto definitivamente nel terzo set sul 2-2, un break a testa, quando il serbo ha accelerato senza dare spazio a rimpianti e rimonte. I quattro game vinti consecutivamente sono stati un pass senza attenuanti per la finale, la nona al Melbourne Park, e un monito per Daniil Medvedev che ha vinto la semifinale giocata venerdì mattina contro Tsitsipas.
Dopo la prova di carattere e resistenza fatta con Nadal contro il quale ha giocato due set ineccepibili che lo hanno portato meritatamente al penultimo atto, venerdì Tsitsipas è stato incapace di far male a Medvedev. Il greco per vincere doveva giocare una partita perfetta al servizio ed essere più aggressivo per cercare maggiormente la rete, ben sapendo che l’asticella del rischio si sarebbe alzata di molto perché i passanti del russo tagliano il campo, sono millimetrici e difficilissimi da controllare.
Medvedev ha giocato, fin dai primi scambi, un match lucidissimo inchiodando il greco sulla diagonale del rovescio con palle lunghe e spesso senza peso. Ha impressionato la sua capacità di saper leggere la partita in ogni momento, cercando sempre la soluzione migliore dal punto di vista tattico. Mai un colpo fuori posto, non ha dato la possibilità al rivale di credere veramente di fare partita alla pari neanche quando il player di Atene lo ha controbrekkato nel terzo set. Daniil ha ripreso in mano il gioco e ha chiuso senza concedere più nulla.
Nel primo set break al quinto gioco del moscovita che è andato a servire sul 5-4 dopo diversi scambi che hanno strappato molti applausi al pubblico tra accelerazioni improvvise di Medvedev a tagliare il campo e alcuni bellissimi rovesci di Tsitsipas da fondo. Il decimo game è stato tra i più combattuti del match ma non è bastata la strenua resistenza di Stefanos. Al doppio fallo di Daniil, il primo dell’incontro, hanno fatto seguito due servizi vincenti a velocità supersonica.
Nel secondo set Tsitsipas ha provato a cercare più volte la rete ma la nuova strategia ha finito per aumentare il divario che col passare dei giochi si è fatto incolmabile. Doppio break del russo che ha chiuso il set per 6-2 con un ace esterno.
Nel terzo il match si è riacceso, dopo l’iniziale vantaggio del russo, quando Stefanos è riuscito a ribrekkare portandosi sul 3-3 anche per demerito di Daniil che ha commesso qualche errore di troppo. E’ iniziato così il momento più interessante e combattuto del match con il pubblico apertamente schierato a favore di Stefanos che sul 5-4 è riuscito a portarsi a due punti dal set. Daniil ha ritrovato concentrazione e la prima di servizio. Da quel momento è stata una melodiosa sinfonia del russo che tra risposte a fil di rete e diritti lungolinea, ace e rovesci in cross, il meglio quindi del suo repertorio, ha ritrovato i colpi e la fiducia che gli hanno consegnato la seconda finale Slam dopo quella persa nel 2019 contro Nadal a Flushing Meadows.
L’Australian Open è stato un torneo giocato in una situazione di stress emotivo e con una condizione atletica approssimativa per moltissimi tennisti che non ci permettono di dare indicazioni precise sul proseguo della stagione.
Anche se molti giocatori hanno sollevato diverse lamentele è evidente che l’Atp e gli organizzatori dei tornei stanno facendo evidenti sforzi per abbassare i rischi del contagio ancora molto alti e permettere a tutti i tennisti professionisti di continuare a fare il loro lavoro. Credo che col passare dei mesi la vaccinazione di massa che coinvolgerà molte centinaia di milioni di persone in tutto il mondo, compreso i giocatori e i loro staff, permetterà il progressivo ritorno del pubblico e una migliore programmazione dei tornei.
Le due settimane di gioco tuttavia sono state emotivamente coinvolgenti con match molto interessanti che si sono prolungati anche al limite dei cinque set.
Tra tutti dobbiamo fare il nome di Aslan Karatsev. E’ nata una nuova stella? Non lo sappiamo. Per adesso dobbiamo limitarci ai numeri che ci dicono che in due settimane il player russo balzerà da domani dalla n°114 alla 42a posizione nel ranking mondiale abbandonando i lidi perigliosi che non gli permettevano di fare i tornei più importanti.
Non è difficile ipotizzare che arriveranno notevoli margini di miglioramento in termini tecnici e di esperienza.
Il nuovo livello acquisito gli permetterà di conoscersi fino in fondo come giocatore. E’ probabile che lo ritroveremo nei primi venticinque a fine stagione, tuttavia dovrà stare molto attento a gestire la sua nuova figura di tennista nel miglior modo perché è evidente che nei prossimi mesi la stampa specializzata vorrà conoscerlo meglio. L’età di 27 anni dovrebbe aiutarlo, ma sono molti gli esempi di sportivi che non sono riusciti a mantenere il nuovo status e le aspettative che il mondo intorno chiedeva loro.
Questo primo Slam è finito con il risultato previsto e al quale ci stiamo quasi abituando. Il Melbourne Park sta a Nole come il Roland Garros a Nadal e Wimbledon a Federer con la differenza che Djokovic a differenza di Rafa e Roger è sempre in grado di giocarsela su tutte le superfici quasi alla pari e quindi il sogno del Grande Slam non lo ha ancora del tutto abbandonato. Sono convinto che lui e il suo staff lavorano per questo obbiettivo.
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