Tsitsipas–Thiem e Nadal–Rublev le partite di domenica. Lunedì Djokovic–Schwartzman e Medvedev–Zverev.
La prima edizione del Masters si svolse dal 9 al 15 dicembre 1970 sul carpet del Metropolitan Gymnasium di Tokyo. Vi dovevano partecipare i sei tennisti che nella stagione avevano accumulato il maggior numero di punti nei tornei del Gran Prix, circuito ideato agli albori dell’era Open da Jack Kramer, il miglior giocatore del primo dopoguerra. Il torneo fu giocato con lo spirito di un’esibizione, ma con il massimo impegno per ottenere la vittoria finale che dava un bell’assegno e una buona fetta di notorietà. Venne utilizzata la formula del round-robin, vale a dire del tutti contro tutti. Nonostante la sconfitta con Arthur Ashe, vinse il gigante di Pasadena Stan Smith.
Anche se negli anni il Masters ha cambiato numero dei player ammessi, formula, sede e nome – dal 2017 si chiama Atp Finals – viene riconosciuto dai giocatori come il quinto torneo più importante dell’anno, un appuntamento al quale i più forti non possono mancare.
Per capire quanto i tennisti ci tengano a vincere basta citare, tra i giocatori ancora in attività, i sei successi di Federer e i cinque di Djokovic. Lendl e Sampras hanno fatto la cinquina. Plurivincitori sono Nastase, Borg, McEnroe, Becker, Lleyton Hewitt, ma anche Connors, Edberg e Agassi non mancano nell’albo d’oro.
Federer vinse la prima volta nel 2003, pochi mesi dopo il suo primo titolo sui campi di Church Road, Djokovic nel 2008 l’anno del suo primo titolo Slam in Australia.
Lo svizzero quest’anno non farà parte del lotto perché nonostante abbia, grazie alla classifica congelata, i punti necessari per partecipare, sta facendo, dopo l’operazione in artroscopia al ginocchio destro, il periodo di riabilitazione che lo dovrebbe far tornare in gran forma per il 2021, l’anno del suo quarantesimo compleanno.
Djokovic è del gruppo e il desiderio di confermare la prima posizione mondiale con il sesto titolo al torneo dei Maestri non gli mancherà. Per riuscirci dovrà aver smaltito le scorie che il periodo del dopo lockdown sembra avergli lasciato. Gli strascichi delle polemiche legate all’organizzazione dell’Adria Cup, il gesto d’impulso inutile e fortemente sbagliato durante Flushing Meadows, i pochi game raccolti contro Nadal nella finale del Roland Garros, il match mal giocato contro Sonego a Vienna, devono essere lasciati alle spalle se vuole tornare a vincere questo torneo che non fa suo da quando, nel 2015, batté Federer in finale. Non gli mancheranno certo le motivazioni ma neanche gli avversari. Penso in particolare ai giovani prima ancora che a Nadal che nonostante sia la numero 2 del seeding non ha mai mostrato di gradire il duro indoor dell’O2 Arena di Londra dove ha ottenuto solo due finali, l’ultima nel 2013. Quest’anno con il tredicesimo Roland Garros ha raggiunto Roger nel numero degli Slam vinti. Al torneo di Parigi-Bercy della scorsa settimana si è fermato in semifinale contro Sascha Zverev che ha mostrato una delle sue migliori versioni. L’impegno per giocare al massimo non mancherà, credo tuttavia che possa non bastare.
Positivo, tra gli ex next-gen, l’anno tennistico di Sascha Zverev che si è concesso il lusso di fare la prima finale Slam della carriera – persa di un nulla contro Thiem a Flushing Meadows – alla quale fanno da corredo il penultimo atto a Melbourne, due vittorie consecutive a Colonia e il ritorno ad una finale in un torneo Masters 1000. Pensare che dietro alla ritrovata fiducia non ci sia la mano di David Ferrer, il coach che di fatto sta sostituendo il padre, sarebbe un errore che personalmente preferisco evitare. Come preferisco evitare di non credere che Fernando Viciente sia stato fondamentale nella crescita umana, tecnica e psicologica di Andrej Rublev, cinque successi in stagione. Quelle che maggiormente colpiscono sono le vittorie 500 di Amburgo, San Pietroburgo e Vienna. Prima partecipazione a Londra e secondo molti con buone possibilità di competere almeno per il passaggio del turno nonostante negli Slam e nei tornei Masters 1000 non sia ancora riuscito a lasciare il segno.
Chi il segno lo ha lasciato, in particolare quest’anno con la finale all’Australian Open e la vittoria di Flushing Meadows è stato Dominic Thiem. Sono ormai lontani i tempi nei quali lo si considerava solo un giocatore da rosso, l’unico antagonista di Nadal sulla terra battuta. Quest’anno con lo Slam parigino a ridosso degli U.S. Open, Dominic non ha avuto il tempo di preparare al meglio il Roland Garros. Ha ceduto nei quarti di finale a Schwartzman dopo una battaglia durata oltre cinque ore. Chi a Parigi ha fatto forse meglio delle sue aspettative è stato invece Stefanos Tsitsipas che è riuscito a dimenticare velocemente la cocente sconfitta per 7-6 al quinto set contro Coric a Flushing Meadows – in vantaggio 5-1 nel quarto set ha avuto due match point sul 5-3 e quattro sul proprio servizio sul 5-4 – arrivando fino alle semifinali del Roland Garros dove ha provato a fare lo sgambetto a Djokovic. Nel terzo e quarto set vinti per 7-5 6-4 ha mostrato il suo tennis migliore: diritti e rovesci vincenti sia lungolinea che incrociati utili a chiudere il punto, servizi angolati e a velocità variabile, spesso a uscire, che lo portavano diverse volte dalle parti della rete. Il 17 novembre dell’anno scorso ha vinto a soli 21 anni il Masters, alla stessa età di Sampras che nel medesimo giorno del 1992 batté in finale Courier. Il giocatore di Atene e quello di Potomac sono nati il 12 agosto a distanza di 27 anni. Solo McEnroe e Lleyton Hewitt li hanno battuti in termini di precocità.
Non è stato precoce come loro ma altrettanto bravo Diego Schwartzman che è arrivato all’età di 28 anni per la prima volta alla stazione di Londra con l’ultimo vagone a disposizione dopo una lunga rincorsa iniziata con la finale degli Internazionali d’Italia, proseguita con la semifinale del Roland Garros e con l’ultimo atto del secondo torneo giocato a Colonia e terminata quasi in apnea agli ottavi di finale di Parigi-Bercy con la netta sconfitta subita da Medvedev. Il moscovita ha ritrovato proprio in questo torneo il feeling con la vittoria, dopo un’attesa lunga oltre un anno. Col passare dei giorni sono ritornati i colpi e il ritmo di gioco della scorsa estate. Il terzo set vinto con ampio margine contro Sascha Zverev ci consegna un giocatore tirato a lucido che solo con la vittoria alle Atp Finals potrebbe considerare questa stagione, dove molti addetti ai lavori lo davano come protagonista assoluto, positiva.
Chi non farà parte del gruppo, presenti a Londra solo in veste di riserva, sono Matteo Berrettini e Denis Shapovalov. Matteo quest’anno ha giocato troppo poco e senza risultati di rilievo per meritarsi, come lo scorso anno, un posto tra gli otto Maestri. Denis con i punti conquistati alle semifinali degli Internazionali d’Italia sembrava destinato a giocare per la prima volta il Masters. Nelle ultime settimane i risultati sono stati deludenti. A Vienna è stato sconfitto al primo turno dalla wild card Rodionov, a Parigi-Bercy dove l’anno scorso arrivò in finale, non ha partecipato e questa settimananel torneo di Sofia ha perso al suo primo incontro da Albot.
L’edizione di quest’anno si svolgerà per la dodicesima e ultima volta presso la O2 Arena di Londra. La prossima sede sarà quella del PalaAlpitour di Torino.
Per festeggiare i 50 anni della manifestazione i due gruppi prendono il nome di Tokyo 1970 e London 2020. Del primo fanno parte Novak Djokovic, Daniil Medvedev, Alexander Zverev, Diego Schwartzman. Il secondo comprende Rafael Nadal, Dominic Thiem, Stefanos Tsitsipas, Andrej Rublev.
E’ quasi inutile soffermarsi sull’equilibrio dei gironi per i quali è difficile fare delle previsioni logiche. Nel gruppo Tokyo 1970 Diego, l’ultimo arrivato, dovrebbe fare un secondo exploit per superare il turno, mentre Andrej, l’altra new entry, che come ha dimostrato l’ultima parte di stagione è sicuramente uno dei giocatori più in forma, potrebbe dimostrarsi pericolosissimo per i suoi compagni di cordata.
Si ripeterà la stessa bellissima finale dello scorso anno tra Tsitsipas e Thiem? Non credo, intanto il greco e l’austriaco giocheranno il primo incontro domenica pomeriggio alle ore 15. Alle 21 ci sarà la sfida tra Nadal e Rublev. Lunedì Djokovic–Schwartzman di pomeriggio e Medvedev–Zverev,che è stata la finale di domenica a Parigi-Bercy, concluderanno il primo turno.
Nell’attesa che un italiano o un canadese salgano per la prima volta sul podio più alto del torneo dei Maestri, sarebbe affascinante e non impossibile pensare che uno dei due player russi possa festeggiare domenica prossima. L’unica volta che ci riuscì uno di loro fu Davydenko nel 2009 che al contrario di Safin e Kafelnikov non ha mai vinto uno Slam.
Oltre ai moscoviti vedo anche Djokovic e Tsitsipas come possibili papabili. Il Nadal visto a Parigi-Bercy non credo invece che sia in grado di competere per un’eventuale finale, Rafa potrebbe tuttavia stupire tutti e riuscire nell’unica grande impresa che gli manca. Lui e i suoi tifosi ci credono ancora, altrimenti non si chiamerebbe Nadal.
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