A quasi tre anni dalla prima finale Atp e dopo averne perse otto, il ventunenne canadese vince il primo titolo e si candida ad essere un grande protagonista per il 2022.
Dopo otto finali perse, la prima il 24 febbraio 2019 a Rio quando arrivò all’ultimo atto perdendo in due set da Djere dopo una cavalcata vincente che lo aveva visto sconfiggere tra gli altri Fognini e Garin, il 13 febbraio per Felix Auger Aliassime è arrivato il primo titolo: il 500 di Rotterdam dove ha sconfitto Tsitsipas, non nella sua partita migliore. Non un torneo qualunque – date uno sguardo all’Albo d’oro se non mi credete – per il ventunenne Felix che da anni sente il peso di essere un predestinato.
L’essere nato lo stesso giorno di Roger Federer 19 anni dopo ha sicuramente contribuito ad aumentare le aspettative che sono molto alte fin da quando a nemmeno 15 anni esordì nel circuito professionistico partecipando al Challenger di Granby, piccola cittadina a metà strada tra Montreal, dove è nato da papà Sam Aliassime maestro di tennis togolese e mamma Marie Auger, musicista e insegnante canadese, e Québec City dove è cresciuto.
Arrivò fino ai quarti partendo dalle qualificazioni e da quel momento, forse anche suo malgrado, si accesero i riflettori su di lui. Non tardarono i primi timidi successi ma anche diverse sconfitte perché non è per nulla semplice gestire emotivamente un percorso sportivo che gli altri hanno già scritto per te.
A quattro, forse a cinque anni Felix prese per la prima volta la racchetta in mano col papà come maestro, e sempre da piccolo incominciò a suonare il piano che ancora lo accompagna quando ha del tempo a disposizione. La Federazione canadese si accorse immediatamente di avere tra le mani un gran talento e un ragazzo dalla forte personalità. Prima allenamenti nei fine settimana e poi passaggio a Montreal dove è cresciuto come tennista e ragazzo molto maturo e responsabile.
Felix in campo è sempre attento e concentrato, leale e corretto fino a chiedere all’arbitro di rigiocare il punto se crede gli sia arrivato per un errore. E’ coinvolto, spesso promotore di iniziative benefiche che vanno a vantaggio dei bambini africani che non sono stati fortunati come lui, dalle problematiche ambientali e della globalizzazione.
E’ un leader naturale. Lo si è visto a gennaio quando ha portato la squadra canadese a vincere l’Atp Cup come giocatore e capitano, un’eccezione non da poco considerando la sua giovanissima età.
Toni Nadal, anche se poco presente quando gioca, lo sta aiutando a diventare un tennista capace di vincere di più e di avere maggiore tenuta mentale quando la partita diventa una battaglia. Un passo dopo l’altro si sta abituando anche ai grandi appuntamenti. I quarti a Wimbledon, la semifinale a Flushing Meadows del 2021 e ancora i quarti a Melbourne quest’anno eliminato da Medvedev dopo aver avuto un match point, dimostrano che non dovrebbe poi mancare molto al grande appuntamento. Già quasi tre anni fa si scriveva di lui “… non è questione se vincerà uno Slam, ma quando e quanti “.
Molto difficile che lo possa fare a Parigi, anche se gli piacerebbe tantissimo, ma a Wimbledon già da quest’anno potrebbe essere un avversario ancora più ostico dello scorso, con buona pace del gemello diverso Shapovalov che vede la vittoria degli Championships come la massima aspirazione e ambizione.
Tecnicamente è molto migliorato nel servizio, nell’uno-due, alla risposta, nella ricerca della palla fatta sempre con passi piccoli e velocissimi, nella discesa a rete. Cosa gli manca? Perde ancora troppe volte la misura del diritto, certe volte sembra uscire per qualche minuto mentalmente dal match per poi rientrarvi a passi felpati, quasi senza disturbare.
La strada è perigliosa e irta di difficoltà. Felix lo sa, non si è fatto illusioni. Sa che quando non ci saranno i fab four, vincere i grandi titoli non sarà per nulla facile perché la concorrenza certo non gli mancherà. E’ difficile tuttavia non credere a quello che gli hanno predetto già da anni. Tocca a lui dimostrare che ce la può fare.