Björn Borg nel 1981, all’età di 25 anni, aveva già vinto undici Slam: sei Roland Garros e cinque Wimbledon.
L’erba australiana la sfidò solo nel 1974, l’anno della sua prima vittoria a Parigi, perdendo al terzo turno da Phil Dent, un discreto giocatore aussie.
L’ US Open lo vide quattro volte finalista. Nel 1976, dopo la prima vittoria a Wimbledon, venne sconfitto in finale da Connors sulla terra verde di Forest Hills, più rapida di quella europea. Perse in quattro set. Non bastò il suo correre veloce sul campo per ribattere al meglio le palle d’anticipo giocate da Jimbo.
Nel 1978 ancora Connors, ma nel nuovo impianto di Flushing Meadows. Il punteggio a favore del player dell’Illinois fu ancora più netto.
Nel 1980 e nel 1981, a Wimbledon come a Flushing Meadows, il suo grande avversario fu Supermac. Fu John a mettere fine al regno tennistico di Björn. Di quelle quattro sfide ne vinse tre. Solo la più epica, quella del tie-break nel quarto set conquistato da McEnroe per 18 a 16 giocata a Wimbledon nel 1980, la vinse Borg.
A Flushing Meadows nel 1980 Borg provò a recuperare una situazione che stava precipitando velocemente mentre nel 1981 si arrese dopo un primo set strappato con la forza della volontà.
John, quel 13 settembre, sciorinò tutto il meglio del suo repertorio: ace velenosissimi tirati da sinistra, volée a fil di rete e rovesci anticipati.
Il match si concluse quasi al tramonto in una atmosfera suggestiva, dove le ombre della sera si allungavano e gli ultimi raggi di sole illuminavano il campo.
Björn, stretta la mano a John, divenne un’ombra.
Era John il campione, era lui che il pubblico voleva applaudire.
Björn per la prima volta dopo otto anni era libero e poteva lasciare il campo al suo grande avversario.
Con le due sconfitte consecutive a New York, il campione svedese capì che poteva aprire altre pagine della sua vita.
Quella domenica pomeriggio all’imbrunire quella del tennis si era conclusa per sempre.