Guillermo Vilas il mancino di Mar del Plata che ha compiuto 71 anni lo scorso 17 agosto, entrò nel Gotha tennistico vincendo nel 1974 il Masters dove batté in una bellissima finale lunga cinque set e segnata da un’altalena di emozioni Ilie Nastase, che in quel torneo speciale è riuscito sempre a dare il meglio di sé.
Successe incredibilmente sull’erba del Kooyong di Melbourne. Il ragazzino argentino che non aveva ancora ottenuto vittorie prestigiose non era certo il favorito
A consacrarlo campione furono i risultati che ottenne nel 1977: successo al Roland Garros contro Gottfried e a Forest Hills contro Jimmy Connors. Sulla terra rossa il primo, su quella verde il secondo.
A corollario anche le vittorie ottenute all’Australian Open a fine degli anni ’70 quando il torneo era disertato dai migliori.
Nel 1977 vinse quasi sempre ma non ebbe la soddisfazione di vedersi numero 1 del ranking Atp.
I titoli e le statistiche non bastano quasi mai, ancora meno quando si scrive del più grande tennista sudamericano che con il suo gioco arrotato, che più di qualcuno ha maledetto, ha inevitabilmente influenzato decine di giocatori di tutto il mondo, non tutti di talento.
Non si può parlare di Vilas senza affrontare la rivalità con il suo alter ego Borg. Di quattro anni più anziano, la sua carriera è indissolubilmente legata a quella dello svedese.
Furono grandi amici quando il pubblico ancora non li conosceva, compagni di massacranti allenamenti, fautori di lotte all’ultimo punto nei loro primi incontri ufficiali.
Negli anni Borg divenne il mito che tutti noi abbiamo conosciuto, capace di vincere sei Roland Garros e cinque Wimbledon, mentre Vilas trovò con difficoltà la strada dei trionfi che fanno storia.
Negli anni Björn divenne l’incubo di Guillermo quasi sempre sconfitto negli scontri diretti, come nella finale di Parigi del 1978 dove gli lasciò cinque game.
All’ultimo atto del Roland Garros di tre anni prima al tennista poeta era andata un po’ meglio. 6-2 6-3 6-4 il punteggio che non lascia dubbi su chi era il più forte.
Due secondo me gli aspetti che nel tempo li distinsero facendo dello svedese un avversario irraggiungibile.
Borg migliorò servizio, approccio alla rete e volée, colpi che gli permisero di vincere Wimbledon. Vilas non riuscì, tranne che in rarissime occasioni, a uscir fuori dagli schemi collaudatissimi che costituirono al contempo la sua forza ma anche il suo limite.
Vilas a dispetto di un fisico impossibile da scalfire era fragile mentalmente. Lo dimostrò in modo indiscutibile a Forest Hills contro Orantes in una delle più incredibili rimonte che la storia del tennis ricordi, ma anche contro il ragazzino Wilander nella finale del Roland Garros del 1982, quando il suo più grande avversario aveva capito, ancora giovane, che il tennis non gli bastava più.
Vilas continuò qualche anno ancora, ma i successi incominciarono a scarseggiare, il suo tennis atletico non rendeva più con i giovani che avanzavano.
Oggi che molte voci di amici preoccupati raccontano delle sue condizioni di salute non più buone mi sembra giusto ricordarlo anche per il suo passante micidiale, quasi infallibile, e per le volée alte potenti quasi come uno smash.
Anche lui ha spesso giocato un tennis che ha fatto felice chi lo guardava.