Trentaseiesimo titolo 1000 per Nole che supera Nadal. Domenica di festa con mille spettatori per semifinali molto belle.
Ha vinto Novak Djokovic battendo col punteggio di 7-5 6-3 Diego Schwartzman. Quinto successo a Roma – il primo nel 2008 battendo Wawrinka – in dieci finali. Trentaseiesimo 1000 in carriera, scavalcato Nadal fermo a trentacinque.
Come avrebbe potuto el Peque, il player senza macchia e senza paura di Buenos Aires, fermare il giocatore di Belgrado che quest’anno non ha ancora perso un match rimane un mistero.
Ha provato a sorprenderlo pronti via quando le palline era più pesanti per la pioggia, comunque leggera. Il doppio break iniziale, gli errori di Nole e l’argentino che non sembrava accusare la stanchezza della semifinale contro uno strabordante ma discontinuo Shapovalov in uno dei match più belli della settimana, hanno fatto pensare a qualcuno che Nole non fosse in giornata. Nole effettivamente non era tirato a lucido, ma ha saputo dare il meglio di sé quando l’errore era vietato: palle corte, ace, diritti e volée vincenti, pur tra diversi errori gratuiti, gli hanno permesso di tirarsi fuori dall’impaccio. Chiuso il set per 7-5, il secondo è praticamente finito quando in vantaggio per 4-3 è riuscito a strappare il servizio senza concedere punti all’avversario, e donando al migliaio di persone presenti – grazie all’autorizzazione in vigore dalle semifinali – la perla rara di un lob meraviglioso che avrebbe scavalcato chiunque, non solo il corto argentino.
Ad essere sincero mi sono divertito molto di più ad assistere alle semifinali di domenica pomeriggio, potevano essere le vere finali.
Nella prima Ruud, il giustiziere di Berrettini, ha avuto nel primo set sul 5-4 e servizio l’opportunità contro Djokovic di chiudere per due volte, ma le ha sprecate con rovesci non impossibili finiti fuori misura. Passato il pericolo, nel secondo set, come ha ammesso Nole in conferenza stampa, ha diminuito la percentuale di errori non forzati e ha fatto diversi ace nei momenti decisivi. Il comportamento del norvegese è stato encomiabile perché ha provato a mettere in difficoltà fino all’ultimo punto il serbo che, alzati i giri del motore, ha giocato in controllo chiudendo per 6-3.
Nella seconda semifinale Shapovalov contro Schwartzman è entrato nel match solo nel secondo set quando ha incominciato ad alternare palle molto veloci ad uscire ad altre lavorate a spin variabili come bisogna fare quando si gioca sulla terra. Non è facile per un player che, benché dotatissimo, non ha l’abitudine a giocare su queste superfici. Poteva chiudere la sfida quando, nel terzo, è andato a servire sul 5-4 ma in quel game si è rivisto il vecchio player le cui soluzioni estemporanee non piacciono al suo coach Juznyj che da quando lo allena lo ha fatto diventare un giocatore nuovo: ancora punti vincenti bellissimi a tagliare il campo con il gran braccio mancino ma senza rischiare ad ogni punto l’osso del collo. Il tie-break è andato al giocatore più regolare che ha combattuto su ogni quindici, supplendo quello che Madre Natura non gli ha donato, l’uno-due vincente, con un gran cuore che lo fa lottare su ogni punto come fosse l’ultimo della sua carriera tennistica.
Durante questa settimana Nole, pur vincendo, ha confermato nei suoi gesti e nella mimica di essere ancora più nervoso di quanto faccia vedere. Non solo la pallata inutile quanto involontaria scagliata durante gli U.S. Open come prova inoppugnabile, ma anche qualche racchetta trattata male, occhiate agli arbitri non proprio da gentleman, suoni vocali fuori contesto ci fanno pensare che Nole stia vivendo ancora un periodo difficile.
Non bastano tuttavia la poca tranquillità d’animo, torcicolli, cali di concentrazione, umidità, campi lenti o veloci, pioggia, sole e vento per fargli perdere il suo obiettivo ormai dichiarato a voce alta o in confidenza: finire la carriera che immagino ancora abbastanza lunga, superando nel numero degli Slam i suoi due grandi nemici sportivi. In questo momento si trova a meno due da Rafa e a meno tre da Roger, ma lui è convinto di raggiungerli e superarli.
A New York ha perso la grande occasione per accorciare ulteriormente, ma a Parigi, sul terreno dell’avversario in questo momento più temibile, state certi che non lascerà nulla d’intentato per vincere il Roland Garros per la seconda volta.
Credo che Rafa rimanga il grande favorito perché non sarà quello di Roma ma per lui diventerà la prova più difficile degli ultimi anni perché a succedergli ci proveranno in molti. Non solo i migliori visti a Roma ma anche quelli che da noi non sono venuti, Thiem e Medvedev in primis, in un anno nel quale il maiorchino ha disputato un solo torneo ufficiale sulla terra. Sappiamo che Rafa, in particolare negli ultimi anni, ha bisogno di diverse partite per essere il migliore su questa superficie.
Cosa ci lascia la 90a edizione degli Internazionali d’Italia strozzata tra gli U.S. Open e il Roland Garros?
Una settimana con temperature estive che nelle ore più calde superavano i 30°, rovinata solo dalla pioggia di lunedì giorno della finale.
Un po’ di amaro in bocca perché, per come si erano messi i primi giorni, eravamo in molti a sperare di vedere uno dei nostri in semifinale. Musetti è stata la vera sorpresa del torneo, ma anche Sinner, poco abituato a vincere sul rosso, ci ha lasciato sprazzi di gioco fantastico. Berrettini è arrivato contro Ruud, nel tie-break del terzo set, a due punti dalla partita con Nole.
Due giovanissimi come Shapovalov e Ruud in semifinale che sicuramente negli anni sapranno ripetersi su molti altri palcoscenici prestigiosi e forse un giorno potranno alzare il trofeo di Roma e non solo.
Djokovic è sembrato inavvicinabile. Peccato che i forfait di Thiem, Medvedev e Sascha Zverev, che sconfisse proprio il serbo nella finale del 2017, ci hanno tolto il lusso di vedere tutti i migliori come successe l’anno scorso.
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