Il 2023 è stato l’anno di Novak Djokovic (1) con tre Major su quattro al suo attivo, ancora ad un soffio dal Grande Slam come nel 2021 ma con una sequenza diversa. Due anni fa arrivò a New York, prima che gli Stati Uniti come l’Australia l’anno successivo gli chiudessero la porta, dopo aver vinto i primi tre Slam della stagione. A Flushing Meadows non giocò, forse per la prima volta in carriera da quando è un grandissimo, come avrebbe voluto. Paralizzato dall’ansia, dall’importanza dell’evento che avrebbe riportato le lancette dell’orologio del tennis indietro di 52 anni quando Laver vinse il secondo Grande Slam della carriera.
Quest’anno ha bruciato la possibilità del grandissimo evento in una brutta giornata estiva di metà luglio a Wimbledon quando a fermarlo è stato Carlos Alcaraz che in pochi pensavano capace di un’impresa simile. Per molti era più probabile la vittoria al Roland Garros ma lì a bloccarlo in semifinale furono in parte Nole ma soprattutto i crampi che non gli permisero di giocare come sa gli ultimi due set. Il murciano che ha finito il 2023 come numero 2 ma che è stato anche 1 ha giocato molto bene la prima parte di stagione. Dopo il successo di Wimbledon ha forse appagato la sua fame che a molti sembra insaziabile e oltre alla semifinale di New York nella quale ha perso in modo abbastanza netto da Medvedev ha finito l’anno a piccoli passi perlomeno considerando il suo altissimo potenziale e standard.
Daniil Medvedev (3) ha fatto una stagione sicuramente migliore rispetto al 2022 sfatando anche il tabù della vittoria sul rosso visto che al Foro Italico ha fatto vedere il suo potenziale anche su questa superficie nonostante lui preferisca il cemento e il veloce indoor. Le vittorie a Rotterdam, Doha, Dubai, Miami e alcune finali, tra tutte quella di Flushing Meadows, dimostrano che su quelle superfici lui è veramente un Professore come spesso gli piace ironicamente autodefinirsi.
Uno degli avversari più tosti che Daniil ha incontrato sul cammino oltre ai già citati Djokovic e Alcaraz è stato sicuramente Jannik Sinner (4) che lo ha sconfitto per la prima volta in carriera a Pechino e poi ha ripetuto l’impresa a Vienna e alle Finals di Torino. L’altoatesino ha sfatato anche il tabù Djokovic battendolo nel capoluogo piemontese, anche se purtroppo non in finale dove era sicuramente stanco, e in Coppa Davis quando è riuscito a recuperare da una situazione sull’orlo del baratro.
Domani proseguo con la seconda parte.