Ricordo ancora l’emozione forte, brividi lungo la schiena compresi, per la vittoria del diciottenne Jannik Sinner al torneo Next Gen Atp Finals di Milano. Eravamo ai primi di novembre del 2019 e Covid così come guerra erano parole non ancora entrate nel nostro vocabolario comune. La prima perché non la conoscevamo ancora, la seconda perché l’avevamo dimenticata.
S’incominciò a parlare dell’altoatesino come futura stella del tennis mondiale e i media, anche quelli che si erano interessati del nostro sport per l’ultima volta quando Panatta vinse il Roland Garros, incominciarono a seguire questo ragazzino dai capelli rossi scompigliati e vestito, dicevano i maligni, come un benzinaio.
Il suo coach Riccardo Piatti che lo aveva fatto crescere tecnicamente e mentalmente, curandolo con iniezioni continue di forza di volontà e mentalità vincente, lo guardava con occhi increduli e felici, lo coccolava come si fa con il figlio predestinato a camminare lungo un percorso luminoso.
Improvvisamente, come spesso succede intorno ai vent’anni, il figlio si ribella. Le regole dettate e che devono essere imparate a memoria incominciano a soffocare il giovane che vuole sentirsi libero di scegliere e decidere, di poter sbagliare e di incamminarsi verso un sentiero che sia solo suo. Esce dalla porta di casa accompagnandola e senza fare troppo rumore perché non è nel suo stile per intraprendere una nuova vita, quella che lo faccia diventare il migliore di tutti, il suo sogno.
Ha scelto nuovi compagni di viaggio, persone più giovani che devono insegnargli quello che ancora non ha mandato a memoria. Il 2022 è stato un passaggio lieve, transitorio, con buoni risultati negli Slam ma anche molte fermate per problemi fisici e di adattamento al tennis che per adesso è ancora nella sua testa e solo in alcuni frangenti si vede anche in campo.
Nomi nuovi da quel lontano 2019, sembra passata un’epoca, gli hanno tolto un po’ di notorietà. Jannik, tra i nati nel nuovo millennio, non è più solo e questo non può che avvantaggiarlo perché gli toglie dalle spalle quella pressione psicologica che tre anni fa era il solo ad avere. Ancora più di Auger considerato, sbagliando, un bravissimo perdente.
Il nuovo percorso, si è visto qualcosa in Australia, è stato intrapreso, la strada è tracciata. Indietro non può più tornare, può solo guardare avanti e farlo con occhi sicuri. Io ci credo ancora perché tutti noi vogliamo che la bacheca degli Slam italici non si fermi al lontano 1976. Non sarà facile, ma credo che anche per il ragazzo di San Candido arriverà il giorno nel quale potrà guardarsi indietro e dirsi felice: missione compiuta!