E’ andata in archivio la quarta edizione della Laver Cup, il torneo-esibizione riconosciuto dall’Atp ma che non concede punti per la classifica, che contrappone il Team Europa al Team Word.
Negli anni ’60 a dominare il tennis c’erano gli australiani, in seguito a salire sul palcoscenico mondiale furono soprattutto gli americani – statunitensi in particolare – ma negli ultimi 15 anni sappiamo tutti come è andata. I giocatori a stelle e strisce latinano, gli australiani anche, qualcuno sperava in De Minaur ma mi sembra un po’ troppo leggerino per diventare un epigono di Hewitt, e gli europei dominano.
A marcare la differenza tra gli europei e gli altri per paradosso è proprio la mancanza di Roger e di Rafa che alla competizione credono molto, ma anche di Novak e degli altri giocatori del Vecchio Continente che ormai stanno terminando la loro onoratissima carriera. La loro assenza ha marcato ancora di più la differenza che c’è in questo momento tra l’Europa e il resto del mondo. Un abisso colmabile, forse almeno in parte, solo fra qualche anno. E’ questo lo spunto più interessante che viene dalla competizione che si è giocata nell’ultimo week-end.
Il risultato di 14-1 rispetto ad esempio al 13-11 di due anni fa, quando Federer e Zverev recuperarono in extremis da una situazione che li vedeva perdenti per 7-11, dimostra che la competizione è stata negli anni anche più aperta. Quest’anno no anche se ci sono state partite lottate – penso alla vittoria di Berrettini su Auger e a quella di Zverev su Isner – che forse potevano avere un risultato diverso.
La sostanza tuttavia non cambia. Gli statunitensi e gli altri della combriccola non avevano alcuna speranza di fare match quasi alla pari. Quando da una parte della riva ci sono i numeri 2, 3, 4, 5, 7 e 10 e dall’altra l’11, il 12, il 15, il 19 e il 22 (ranking al momento delle convocazioni del 2 agosto) il risultato non può che essere nettissimo, per certi versi devastante.
Credo che sull’edizione di quest’anno ci sia pochissimo da dire ed è ormai anche il caso di lasciar perdere lo strascico di polemiche sui contenuti dell’evento, – torneo, esibizione, marketing, business? – perché tanto ci sarà sempre chi è contrario a queste forme di contaminazione ma poi una sbirciatina continuerà a dargliela perché tutto sommato vale la pena, e soffermarsi su quello che potranno dire le prossime edizioni.
Continuerà questa carneficina? Speriamo di no, sarebbe un bene per il tennis. Rispondere a questo tipo di domanda è chiaramente impossibile perché significa intuire chi saranno i giocatori che verranno alla ribalta nel prossimo futuro.
Gli Stati Uniti con alcuni player nati nel nuovo millennio – Korda, Nakashima, Brooksby – sembra stiano uscendo dal maggior periodo di magra della loro storia. E’ possibile, ma ovviamente devono fare ancora molta strada. Ricordiamoci quello che si diceva alcuni anni fa di Fritz, Tiafoe e Opelka. Da noi ci sono comunque Sinner, Alcaraz, Musetti e forse anche Rune che sono già più avanti.
Bisognerà seguire la crescita di Shapovalov e Auger con particolare attenzione a quest’ultimo che forse non ha il talento di Denis ma sembra che abbia più voglia di arrivare.
E poi ci sono gli ex next-gen che sono già arrivati e non credo proprio abbiano la minima intenzione di togliere le tende. A oggi Medvedev, Tsitsipas, Zverev, Berrettini ma anche Rublev e Ruud sono il presente del tennis e sarà con loro che i giocatori degli altri continenti dovranno fare i conti. Per almeno un paio di anni le distanze credo continueranno ad essere abissali.