Nel 1985 e nel 1986 Boris Becker con le due prodigiose vittorie contro Curren e Lendl sull’erba di Wimbledon aveva scalzato i dominatori della scena negli anni ‘70 e ‘80: Björn aveva lasciato ormai da oltre un lustro, John non vinceva più, Jimmy avrebbe voluto farlo ma gli anni non glielo consentivano, Ivan ci provava con tutta la sua caparbietà ma non bastava.
Nel 1987 Boris uscì al primo turno dal semisconosciuto australiano Doohan e la notizia fece il giro del mondo.
Vinse il titolo Pat Cash che sconfisse Lendl ma soprattutto i rigidi protocolli inglesi durante la cerimonia di premiazione.
Edberg in quegli anni sui campi di Church Road non giocò come sapeva. Si salvò solo nel 1987 dove giunse fino alle semifinali ma il tempo delle sfide consecutive con Becker che contrassegnarono il torneo di Wimbledon tra il 1988 e il 1990 era ormai arrivato.
Bastò attendere domenica 3 luglio del 1988 per assistere alla prima.
Nelle sfide precedenti aveva quasi sempre vinto Boris come al Queen’s, nel torneo la cui finale, in un match tirato 6-3 al terzo, si era svolta il 13 giugno.
Non era tanto una questione tecnica perché a Stefan non mancava il gioco per contrastare Boris.
Lo svedese, più ancora della potenza, sembrava soffrire la sua personalità, la capacità di giocare ogni punto come fosse l’ultimo, lo sforzo estremo per l’ennesima vittoria.
Il pubblico ne era affascinato e lo ripagava con entusiasmi che Stefan non sapeva suscitare.
Quando una finale qualsiasi è divisa in diverse frazioni – una corta il primo giorno, la seconda ancora di pochi minuti e poi il match vero e proprio – è sempre difficile da valutare.
Quando poi la finale riguarda Wimbledon alle trame di gioco si aggiungono le ansie e le paure con le quali bisogna saper fare i conti: ventidue ore e trentanove minuti di battaglie interiori per due ore e cinquanta di gioco.
Stefan sembrò volare nei pochi minuti di domenica per poi farsi riprendere da Boris, dalla pioggia e dal buio che interruppe le ostilità.
Il lunedì, al ritorno in campo, Becker incominciò a giocare come sapeva – in modo fluido e potente al tempo stesso – mentre Edberg perse d’incanto la capacità dei suoi gesti migliori. Becker vinse il primo set 6-4.
Il tennis è uno sport fatto di momenti e sensazioni che si possono acquisire e perdere senza conoscerne il vero motivo.
Spesso basta un punto, all’apparenza non determinante, perché l’esito di un incontro che sembra sfidare un destino avverso possa cambiare.
Sul secondo punto del tie–break del secondo set Stefan attaccò la prima di Boris con un rovescio straordinario che lo portò a giocare una volée vincente.
Fu la svolta non solo del set, ma del match perché da quel momento lo svedese a rete diventò insuperabile. Aumentò il numero dei servizi vincenti e il rovescio usciva d’incanto dalle corde della sua racchetta. Vinse il secondo set al tie–break per sette punti a due e concluse con sicurezza il match per 6-4 6-2.
Dopo l’ultimo punto – un rovescio di Boris finito sul nastro – Stefan si lasciò cadere sull’erba, quasi incredulo, con le spalle all’indietro.
In un solo momento con quel gesto, si scrollò di dosso ansie e paure ricevendo dall’applauso del pubblico l’investitura di campione. La stessa che aveva ricevuto Boris tre anni prima, ancora diciassettenne.