Battendo Matteo Berrettini consolida il primato di numero uno e si avvicina a grandi passi verso l’impresa epica del Grande Slam.
Terzo successo Slam dell’anno, sesto a Wimbledon, per Novak Djokovic (1). Dopo l’Australian Open e il Roland Garros è suo anche Wimbledon. E’ ormai vicinissimo alla storia del nostro sport perché si trova ad un passo da Laver e Budge. Due anni fa sconfisse in un’epica finale Federer 13-12 al quinto set dopo aver annullato due match point.
Quest’anno, dopo l’anno di sosta dovuta alla pandemia, ha sconfitto Matteo Berrettini (7) in una partita nella quale il romano si è dimostrato un campione per come ha vinto il primo set e condotto tutto il match. Ha giocato al meglio, è quasi andato oltre i suoi limiti attuali che sicuramente saranno superati nei prossimi anni. Un tassello alla volta, torneo dopo torneo.
La distanza che s’è vista in campo non è stata solo tecnica ma ha riguardato la capacità di Nole di alzare l’asticella quando ne aveva bisogno. Non ha mai sbagliato una palla importante, di quelle che fanno la differenza.
L’illusione per Matteo è durata poco, giusto il giro del primo set nel quale ha dimostrato presenza e personalità nella capacità di recuperare il parziale in extremis e dominare il tie-break. Nole che aveva studiato insieme al suo team i punti deboli di Berrettini ha reagito immediatamente. Ha risposto da par suo, ha cercato il rovescio in slice, lo ha fatto muovere sul lato del diritto per metterlo fuori posizione.
I risultati del torneo di Wimbledon di quest’anno erano di difficile previsione tranne uno. Pochissimi non vedevano Djokovic almeno in semifinale. Per lui il tabellone prevedeva ostacoli non ostici e la sua motivazione alla vittoria era più forte degli altri anni dopo il successo al Roland Garros.
Fino alla finale ha perso solo il set d’apertura, quello contro lawild card Draper. Non ha giocato bene ma ha sempre controllato dall’alto della sua esperienza. Ha acceso e spento le luci del suo gioco a intermittenza, solo quando era necessario. Dopo il giovanissimo inglese ha battuto Anderson,il qualificato Kudla, Garin (17) e Fucsovics.
In semifinale ha incontrato Shapovalov (10). Il canadese, avversario vero ma giovane e con nessuna esperienza a questi livelli, ha rinunciato al Roland Garros per preparare al meglio i Championships. La lotta vera c’è stata soprattutto nel primo set nel quale Nole ha dovuto recuperare un break di svantaggio. Dominato il tie-break la sua è stata da allora una partita in discesa. Il canadese ha continuato con il gioco aggressivo ma Nole ha diminuito la percentuale di errori gratuiti e ha vinto in tre set.
Se il percorso verso la finale di Djokovic era abbastanza prevedibile, non possiamo dire lo stesso per Berrettini che ha fatto quello che non era mai riuscito a nessun italiano dal 1877.
Anche Matteo ha perso un set nel match d’apertura – il secondo contro Pella – ma poi ha messo in fila sempre senza perdere una frazione il lucky loser van de Zandschulp, Bedene e Ivaska sempre in modo netto, non rischiando mai pericolosi momenti di rottura.
Nei quarti di finale ha sconfitto l’amico Auger-Aliassime (16) in quattro set. Il secondo e il terzo sono stati sicuramente i più difficili perché in particolare dopo il set d’apertura il livello di gioco di Felix si è alzato e Matteo è stato bravo a tenere nel momento più difficile dell’incontro, quando sembrava che il canadese potesse fare la differenza con un gioco aggressivo e molto veloce. Nell’ultima parte del match il braccio di Matteo è tornato a funzionare, fluido e sicuro.
In semifinale contro Hurkacz (14) il romano ha giocato il match perfetto. Ha dominato i primi due set – nel secondo il polacco ha fatto troppi errori per una semifinale di Wimbledon – ha avuto una pausa, anche abbastanza prevedibile nel terzo nel quale comunque ha avuto il merito di arrivare fino al tie-break e ha vinto di forza il quarto nel quale è tornato a essere aggressivo e determinato.
L’edizione di Wimbledon 2021, nella quale Nadal non ha partecipato, potrebbe essere ricordata come l’ultima nella quale ha giocato Federer (6). Non possiamo certo dirlo con certezza. Immagino che nemmeno lo svizzero lo sappia. Il 7 luglio 2021 potrebbe essere stata l’ultima partita al Centre Court per Roger Federer. Ha perso in modo netto, senza sconti da parte di Hurkacz che nel terzo set gli ha addirittura riservato un umiliante 6-0.
Cosa ci ha detto la 134a edizione di Wimbledon?
Per fare bene sull’erba bisogna essere pronti. Tsitsipas (3) non ha fatto nessun torneo di preparazione e l’ha pagato. Ha perso pronti-via contro Tiafoe.
Medvedev (2) che la preparazione l’aveva fatta – aveva vinto il torneo di Marbella la settimana precedente – deve fare ancora qualche passo se vuole essere veramente competitivo per la vittoria in questo torneo.
Zverev (4) ha dimostrato di essere un giocatore non ancora completamente a suo agio quando i turni dei tornei Major avanzano.
La sconfitta al quinto contro Auger che poteva essere anche più pesante è un brutto scivolone vista in prospettiva Slam.
Lo stesso discorso e in modo ancora più drastico lo si può fare per Rublev (5) che non riesce a completare il suo tennis. Contro Fucsovics che è un giocatore con il quale si trova particolarmente a suo agio nel quarto e nel quinto set ha raccolto solo tre game.
Questo torneo ha fatto constatare un ulteriore passo in avanti delle nuove generazioni che stanno dimostrando, ormai su tutte le superfici e tornei, di prendere sempre più le leve del comando. A parte i soliti noti e qualche resistente i protagonisti sono sempre più giovani. I tennisti nati a cavallo dei due secoli stanno prendendo il sopravvento.
Tra gli italiani ha fatto bene anche Sonego (23) che si è spinto fino agli ottavi. Ha deluso Sinner (19) ma anche Fognini (26) poteva fare meglio.
Wimbledon 2021 è stata l’apoteosi di Djokovic al quale manca solo Flushing Meadows per ripetere un’impresa storica come il Grande Slam che manca al tennis dal 1969 e che fino a pochissimo tempo fa sembrava impossibile.
Il torneo ci ha detto anche che Berrettini già oggi, anche se non ufficialmente, vale la top five e che nei prossimi anni potrebbe fare quello che non è mai riuscito ad un giocatore italiano.