Il moscovita vince a sorpresa, ma non per tutti, la cinquantunesima edizione del Torneo dei Maestri, l’ultima che si è giocata a Londra.
Doveva essere il giocatore dell’anno e non solo quello del mese di novembre. Nel 2020 secondo il parere dei suoi colleghi, ex giocatori, allenatori e giornalisti sarebbe potuto diventare il centocinquantesimo Slammer. Abbiamo assistito ad un’altra trama tennistica.
Il suo nome era uscito di forza e a sorpresa, tra quelli che ambiscono alla successione dei big three, la scorsa estate quando stupì il mondo del tennis con un numero di vittorie e di risultati importanti che non si vedevano da tempo. La finale di Washington persa contro Kyrgios, il giocatore di Canberra che proprio quella settimana aveva deciso di deliziarci con le sue giocate di talento puro, a cui avevano fatto seguito la sconfitta all’ultimo atto degli Open del Canada contro un Nadal straripante, il Masters 1000 sul cemento dove il maiorchino si esprime meglio, il successo di Cincinnati in rimonta su Djokovic con delle seconde che viaggiavano più delle prime, la finale agli U.S. Open dove mancò poco per completare la rimonta con Rafa e la vittoria a Shanghai dove domenica 13 ottobre giocherellò con Sascha Zverev, avevano fatto credere che perlomeno sul cemento avevamo trovato un nuovo numero 1.
Lo avevamo scritto e forse lui pensato ma nessuno di noi poteva immaginare quale triste sorte avrebbe colpito il mondo. Lo sport si è fermato e il tennis non ha fatto eccezione. Nel tempo lungo del lockdown ogni giocatore, per limitarci al tennis, ha dovuto trovare in sé il meglio delle proprie risorse per non farsi sopraffare dalle paure.
Le abitudini di vita sono repentinamente cambiate. Il tennis ha cessato di essere la priorità. Non tutti hanno le stesse energie psicofisiche e la stessa adattabilità al cambiamento. Non sappiamo come Daniil abbia reagito ai diversi stimoli che venivano dal mondo esterno e quanto sia riuscito ad allenarsi.
Sta di fatto che il moscovita, prima di Bercy, e a dir la verità anche nei primi appuntamenti dell’anno, era una copia molto sbiadita del giocatore salito fin quasi alla vetta. La semifinale di Flushing Meadows è sembrata l’unica scialuppa di salvataggio mentre traversava un mare in tempesta nel quale non ha trovato isole sulle quali rifugiarsi. Troppe le sconfitte al primo turno o con avversari di molto inferiori, poca la voglia di lottare appena il match prendeva una piega non prevista.
Finché il moscovita che vive in Francia non ha ritrovato all’ultimo torneo 1000 dell’anno, solo il terzo in stagione, il gioco che gli appartiene, quello che fa storcere la bocca ai puristi ma che fa disperare i suoi avversari. Mai una palla come l’altra, colpita piatta e all’incrocio delle righe, ad aprirsi il campo con angoli strettissimi, back con effetti variabili utili ad anestetizzare il gioco per poi chiudere con improvvisi fendenti spesso incrociati, servizi sempre diversi per velocità e angolazione. Non manca nel suo repertorio anche la battuta dal basso a sorprendere l’avversario come ha fatto contro Sascha nel Masters, come ci prova spesso Bublik e come riuscì negli ottavi del Roland Garros 1989 al cinesino Chang contro sua Maestà Lendl. Nella capitale francese si sono accorti del suo meraviglioso stato di forma Schwartzman, Raonic e Zverev in finale, dopo una prima ora abbondante giocata alla pari.
Improvvisamente il player al quale qualcuno credeva di aver dato troppo credito – a tirare indietro la mano ci vuole un attimo – è diventato un papabile per le Atp Finals di Londra. Se al Masters di Bercy i giocatori battuti, tranne Sascha, non erano di primissima fascia, all’ultima edizione che si è giocata nella capitale britannica, alla prima vinse Davydenko, il giocatore di Mosca ha accontentato tutti.
Nessuno potrà più arricciare il naso perché ha sconfitto in pochi giorni i primi tre del mondo: Djokovic nel round robin, Nadal in semifinale e Thiem in finale. Nei due incontri decisivi ha disposto le carte nello stesso modo. Ha perso il primo set, quasi il secondo e vinto in modo da non lasciar dubbi il terzo. Nadal e Thiem sono morti per asfissia.
Cosa dobbiamo aspettarci per il prossimo anno? Credo tanto, ma penso anche che Daniil sia ancora umorale e qualche volta soffra più del dovuto come tutte le persone intelligenti.