Il tedesco vince per la seconda volta le Atp Finals. A quando il primo titolo Slam?
Diritto e gioco di volo da riportarlo alle Sat per un tagliando. Non appare il crack che si credeva. … Era quello che nel luglio di due anni fa scrivevano di Sascha Zverev quando a ventidue anni aveva già vinto l’Atp Finals – sì, proprio la stessa competizione che il 21 novembre ha fatto sua per la seconda volta – e tre Masters 1000.
A 22 anni, dopo un inizio di carriera da stupire tutti, veniva considerato già quasi un ex perché non più capace di vincere tanto e perché sembrava sorpassato da coetanei considerati più bravi dal punto di vista tecnico.
Purtroppo era bastata una serie di risultati negativi legata anche a problemi che con il tennis centravano ben poco e alcune lacune tecniche, che a poco più di vent’anni è quasi impossibile non avere, per far regredire un predestinato, un sicuro numero 1 prima ancora che i Big Three decidessero per la pensione, ad un semplice ex.
Scusate, ma si erano sbagliati o meglio non avevano tenuto conto che le fasi di crescita nel tennis di oggi sono piuttosto lunghe e perigliose e prima di arrivare a maturazione deve passare più tempo di quanto fosse necessario con i giocatori del secolo scorso e forse anche con i campionissimi di questi ultimi anni.
Non posso negare che certe sue prestazioni mi avevano stupito in senso negativo e alcuni suoi atteggiamenti in campo non mi erano piaciuti per niente, ma mi ero lasciato almeno l’alibi del dubbio ricordando il modo in cui aveva vinto gli Internazionali d’Italia nel 2017 a soli vent’anni e la bellissima partita giocata in finale contro Nadal al Foro Italico l’anno successivo, interrotta dalla pioggia quando il tedesco si trovava in vantaggio.
Dopo aver bruciato vari allenatori tra cui Lendl, oggi la collaborazione con il fratello Mischa sembra funzionare molto bene. Alle Atp Finals di Torino ha battuto in poche ore Djokovic e Medvedev e ha meritato in pieno il titolo di Maestro.
E’ il giocatore ex next-gen, insieme a Medvedev, ad aver vinto di più, ma a differenza di Daniil gli manca il successo Slam. Ci arrivò molto vicino l’anno scorso quando a Flushing Meadows si fece prendere dalla paura di vincere. Thiem recuperò due set e al quinto sul 5-3 per il tedesco davanti ad un giocatore con evidenti problemi fisici il suo braccio incominciò a tremare e il tie-break lo giocò malissimo.
Mentre l’austriaco, dopo la vittoria, ha incominciato il percorso del gambero perdendo sicurezza e condizione fisica che lo hanno portato ad una crisi profonda dalla quale speriamo riesca ad uscire al più presto, Sascha dopo il successo ottenuto a Tokyo ha incominciato una strada che lo sta portando in cima.
Dopo la vittoria olimpica ha incominciato a vincere a ripetizione e non si è quasi più fermato. In trenta incontri ne ha persi solo quattro: in semifinale contro Djokovic a Flushing Meadows, nei quarti di Indian Wells contro Fritz contro il quale era arrivato al match point e contro Medvedev in semifinale a Bercy e nel girone di qualificazione alle Atp Finals.
Negli ultimi tempi la maggiore vicinanza con il fratello che ha chiuso la carriera agonistica, la vittoria olimpica e forse anche una maggiore consapevolezza dettata dall’età adulta lo stanno facendo diventare un player temibilissimo.
Dove può arrivare? L’obiettivo non può che essere la vittoria Slam che molti gli pronosticano già da anni. La sicurezza, quasi spavalderia, vista a Torino dimostra che Sascha è convinto di aver imboccato la strada giusta. Ovviamente la concorrenza è temibile e quindi quanto dovrà aspettare non so dirlo. Forse pochissimo, ma non è detto affatto.