Non ricordo stagioni simili al 2022. L’anno del ritorno alla normalità dell’attività agonistica e del pubblico – tra i tornei di rilievo non si è giocato solo il Masters 1000 di Shanghai – è stato caratterizzato da eventi particolari che lo ha reso quasi unico.
Roger Federer ha ufficialmente abbandonato il nostro sport giocato. Per lui tornare significava essere competitivo ai massimi livelli, non poteva accontentarsi di comparsate sporadiche. Dopo l’operazione al ginocchio destro si è allenato molto ma si è reso conto che qualsiasi sforzo sarebbe stato inutile. Prolungare una delle più straordinarie carriere di sempre in un calvario non era giusto prima di tutto per se stesso. Ha chiuso tra le lacrime a Londra alla Laver Cup, ringraziando tutti quelli che hanno reso possibile il suo viaggio, giocando il doppio con Nadal che era quasi più emozionato di lui. Quando avremo nostalgia potremo sempre rivedere i filmati delle sue straordinarie imprese, credo che non ce ne stancheremo mai come si fa per un film o per una canzone che ha caratterizzato un periodo della nostra vita.
Novak Djokovic (5) ha giocato solo undici tornei. La prima partita, per le note vicende legate al Covid e quindi all’Australian Open sulle quali non è il caso di tornare, l’ha fatta solo il 21 febbraio a Dubai battendo Musetti. Il suo rendimento è stato comunque molto alto. Ha vinto a Roma, a Wimbledon, che non distribuiva punti Atp, a Tel Aviv, ad Astana e alle Atp Finals di Torino. Ha fatto le finali di Parigi-Bercy e di Belgrado, la sua città. Non ha giocato i tornei americani, compreso gli U S Open. Nonostante il numero basso di tornei a cui ha partecipato ha raggiunto quasi 5000 punti. Non c’è la controprova assoluta ma è evidente che se a Wimbledon non ci fosse stato solo il montepremi da dividere e se avesse potuto giocare gli altri Slam e i tornei americani oggi sarebbe ancora il n°1 della classifica mondiale. Il 2023 dovrebbe essere un anno normale. Vedremo se saprà vincere il decimo titolo a Melbourne.
N°1 del ranking è Carlos Alcaraz che l’anno scorso aveva finito la stagione in 32a posizione. Il murciano è stato molto bravo nella prima parte dell’anno. Ha vinto Rio, Miami, Barcellona e Madrid, ha perso le finali di Amburgo e Umago rispettivamente con Musetti e Sinner, ma soprattutto si è consacrato campione alzando la Coppa degli US Open l’11 settembre, data storica per New York perché giusto vent’anni prima la città era in lutto per la strage delle Torri Gemelle, uno degli eventi più tragici dal 1945. Negli ultimi mesi ha abbassato il suo rendimento. Lo ritroveremo all’Australian Open pronto a dare battaglia dopo un periodo di sosta per problemi fisici.
Rafael Nadal (2) mi ha stupito se penso che nell’estate del 2021, dopo la sconfitta contro Harris a Washington, parlava di possibile ritiro visto che le condizioni del piede non gli permettevano di giocare regolarmente. Ha ricominciato il 2022 vincendo un torneo di preparazione al primo Major dell’anno, gli Open d’Australia, Acapulco e facendo finale con Fritz ad Indian Wells in condizioni fisiche precarie. Il 14° titolo al Roland Garros ha suggellato un anno straordinario anche se gli ultimi mesi sono stati condizionati ancora da problemi fisici e quindi da una carente preparazione.
Se Rafa mi ha stupito Casper Ruud (3) mi ha meravigliato. Ha vinto a Buenos Aires, a Ginevra e a Gstaad, ma ha alzato il rendimento nei tornei che contano. E’ arrivato in finale a Miami, al Roland Garros, agli US Open e alle Finals di Torino dimostrando un salto di qualità notevole al servizio e nella pesantezza dei colpi. Non è solo quindi più un terraiolo regolarista.
Da Stefanos Tsitsipas (4) mi aspettavo qualcosa di meglio, non tanto in numero di tornei vinti ma in termini di successi che veramente contano. Ha fatto il bis a Montecarlo – l’anno scorso contro Rublev, quest’anno con Fokina – ha vinto sull’erba di Maiorca, ma ha fatto troppi piazzamenti e soprattutto non ha saputo regalarsi una gioia veramente grande. Ha giocato moltissimo e fatto finale a Rotterdam, a Roma, a Cincinnati, ad Astana e a Stoccolma ma ha deluso negli Slam. Semifinale a Melbourne, ottavi al Roland Garros, terzo turno a Wimbledon e una partita disastrosa a New York dove ha perso subito in modo netto dal colombiano Galan. Gli manca ancora il grande titolo, quello che fa la differenza.
Felix Auger-Aliassime (6) quest’anno ha rotto il ghiaccio, ossia ha smentito qualche sprovveduto che lo aveva definito il grande perdente dimenticando la sua giovanissima età. Dal febbraio 2019 al giugno 2021 aveva perso 8 finali a livello 250 e 500. Quest’anno ne ha giocate cinque, vincendone quattro e chiudendo l’anno in un crescendo che gli fa ben sperare. A ottobre ha vinto i tornei di Firenze, Anversa e Basilea. Gli manca ancora il gran balzo che lo collochi come possibile vincitore di Slam. Nei Major quest’anno doveva fare meglio. Ha molto deluso a Wimbledon e a Flushing Meadows. Toni Nadal gli ha migliorato il gioco e la mentalità. Il canadese è un player serissimo e non possiamo che aspettarci ulteriori passi avanti.
Daniil Medvedev e Andrej Rublev, entrambi moscoviti, sono collocati in 7a e 8a posizione del ranking Atp. Sono vicinissimi anche in termini di punti. Per il primo si può parlare di sorpresa negativa, il secondo ha ampiamente rispettato le aspettative. A mio parere è andato anche oltre. Per entrambi vale il discorso che non stanno vivendo un momento di tranquillità perché le vicende della guerra, oltre a non aver fatto loro giocare Wimbledon, sono impossibili da metabolizzare.
Daniil è partito raggiungendo la finale agli Australian Open. L’ha persa dopo essersi trovato in vantaggio di due set e di un break. Il pensiero negativo credo che l’abbia accompagnato per buona parte della stagione nella quale ha vinto solo a Los Cabos e a Vienna. Troppo poco per un giocatore che è stato numero uno della classifica mondiale. Il quarto turno al Roland Garros e a Flushing Meadows non lo possono soddisfare.
Per Andrej Rublev il discorso è diverso. Quest’anno ha vinto i tornei di Marsiglia, Dubai, Belgrado e Gijón. Un buon bottino in termini quantitativi, meno in quelli qualitativi se si pensa che non riesce a vincere i tornei che fanno la storia. E’ sicuramente migliorato sia tecnicamente, anche se il suo gioco rimane un po’ monotono, sia mentalmente ma quando si tratta di giocare partite molto importanti, quelle che fanno la differenza, si perde. Esempi? A Melbourne e a Parigi ha perso da Cilic, a New York è stato sconfitto da Tiafoe e anche in molti tornei Masters 1000, penso ad esempio a Montreal e a Cincinnati, è andato male.
Sicuramente un salto di qualità l’ha fatto Taylor Fritz (9) che ha vinto a Indian Wells il primo Masters 1000 della carriera, a Eastbourne e a Tokyo. L’unico successo risaliva al 2019, sempre a Eastbourne. E’ cresciuto tecnicamente e mentalmente, è più sicuro e ha un ottimo gioco da fondo. Vedremo se arriveranno risultati importanti nei tornei Slam, credo sia maturo.
Anno senza infamia e senza lode quello di Hubert Hurkacz (10) che possiamo considerare un buon piazzato ma che non è riuscito a fare risultati d’eccellenza. Per il potenziale a sua disposizione la vittoria ad Halle e la finale persa a Montreal con Carreño immagino che non lo soddisfi.
A essere invece soddisfatto per la stagione, in particolare per come l’ha conclusa, non può che essere Holger Rune (11). Nelle ultime settimane ha vinto a Stoccolma ma soprattutto ha battuto Djokovic in finale a Parigi-Bercy. Aveva rotto il ghiaccio in primavera a Monaco. Era la prima riserva alle Atp Finals di Torino, importantissimo risultato visto che aveva iniziato la stagione appena fuori dai cento.
La stagione di Alexander Zverev (12) è finita al Roland Garros mentre giocava la semifinale contro Nadal. E pronto per riprendere in Australia dopo l’operazione al piede e la rieducazione. Era abbastanza in forma negli ultimi tornei giocati. Da lui gli addetti ai lavori si aspettavano una stagione, dopo la vittoria delle Atp Finals di Torino, di primissimo livello. Non ha fatto in tempo nei primi mesi dell’anno a vincere tornei.
Altri risultati degni di nota sono stati la vittoria a Montreal di Pablo Carreño Busta (13), la semifinale di Frances Tiafoe (19) a Flushing Meadows, l’inaspettato successo di Borna Coric (26) a Cincinnati e la finale a Montecarlo di Davidovich Fokina (31).
Per i giocatori che non ho nominato è stata una stagione abbastanza stabile anche se i player ormai trentenni e oltre stanno quasi tutti perdendo posizioni. Difficile pensare per loro risultati clamorosi che possano durare di più di un giro di valzer. Aspettiamo il ritorno ad alto livello di Dominic Thiem.
Immagino che il 2023 sarà molto incerto e a vincere o a mettersi in luce a livello Slam e Masters 1000 possano essere in molti. I giovani potranno essere protagonisti a discapito di chi, ormai superata la trentina, sta facendo difficoltà a tenere la posizione, Djokovic e Nadal esclusi.
Scriverò dei giocatori italiani fra qualche giorno.