Per i giovanissimi è molto più difficile rispetto ad un tempo vincere uno Slam. Proviamo a spiegarne i motivi.
Quando Becker, Chang e Wilander vinsero il loro primo Slam non avevano ancora raggiunto la maggiore età. Borg compì 18 anni mentre stava giocando il Roland Garros, primo successo in un Major.
La nuova generazione di tennisti che sembra destinata a dominare il palcoscenico per i prossimi anni, sebbene ancora molto giovane, non è stata così precoce. Tra i player che hanno giocato il Next Gen a Milano – prima edizione nel 2017 – quelli che finora hanno ottenuto i risultati migliori nel circuito dei grandi sono stati finora Medvedev, l’unico a fare una finale Slam, Tsitsipas, vincitore delle Atp Finals 2019 e semifinalista all’Australian Open 2019, Chung che si è spinto anche lui fino al penultimo atto nel primo Slam stagionale nel 2018 prima di rompersi. Non dimentico Shapovalov, de Minaur, Rublev, Khachanov, Coric che stanno bussando, con risultati alterni, alla porta dell’eterna fortuna tennistica.
Ai giocatori già citati devo aggiungere almeno tre predestinati: Aliassime, 20 anni il prossimo 8 agosto, non ha mai partecipato al torneo milanese, il vincitore dell’ultima edizione Sinner che ne compirà 19 il 16 agosto e Sascha Zverev che si è concesso solo una velocissima esibizione durante l’edizione 2017 del Next Gen, essendo già qualificato per il Masters dei grandi che poi vinse nel 2018. Qualcuno gli aveva pronosticato la vetta della classifica mondiale e vittorie Slam a vent’anni o giù di lì, ma i risultati finora non gli hanno dato ragione visto che solo quest’anno è arrivato alla prima semifinale Slam della sua giovane carriera. Compirà ad aprile 23 anni.
Il dominio netto di Federer, Nadal, Dyokovic, ma anche i successi ottenuti negli ultimi anni da Murray e da Wawrinka non hanno permesso finora a nessun giocatore degli anni ‘90, ma ad essere precisi anche del 1989, di vincere un Major. Tra i giocatori nati entro il 1995 credo che il solo Thiem abbia possibilità concrete di poter vincere Slam, mentre non penso che né Kyrgios che difficilmente metterà la testa a posto, ma neanche Raonic sempre alle prese con problemi fisici e l’umorale Dimitrov, potranno aspirare al massimo titolo.
Comprendendo nel calcolo il torneo di Wimbledon del 2003, il primo Slam vinto da Federer, fino all’ultimo Australian Open, si sono giocati 67 tornei Slam. Di questi 20 sono andati a Federer, 19 a Nadal, 17 a Djokovic. Con una semplicissima addizione arriviamo a 56. Parlando in termini percentuali possiamo dire che in quasi 17 anni circa l’84% degli Slam sono stati vinti da tre soli giocatori. E’ inutile dire che non esistono precedenti simili nel tennis Open. Dei rimanenti 11 tornei, 3 a testa li hanno vinti Murray e Wawrinka. Per arrivare a 67 rimangono 5 Major. L’argentino Gaudio ha vinto a Parigi nel 2004, il russo Safin in Australia nel 2005 mentre il torneo newyorkese è andato in mano a tre giocatori diversi: allo statunitense Roddik nel 2003, all’argentino del Potro nel 2009, al croato Cilic nel 2014.
Federer ha conquistato Wimbledon a quasi 22 anni, Djokovic ha vinto il suo primo Australian Open quando aveva 20 anni e otto mesi e dovette aspettare il 2011 per la sua reale consacrazione a campionissimo con le vittorie di Melbourne, Londra e New York, mentre Nadal, tra i tre, è stato il più precoce visto che aveva compiuto da pochissimi giorni 19 anni quando si è affermato al primo Roland Garros e a 22 poteva contare già la bellezza di quattro vittorie a Parigi alle quali si aggiungerà il torneo di Wimbledon nel luglio del 2008.
Un altro dato appare evidente: ciascuno di questi tre campioni privilegia un torneo in particolare del quale, da quando gioca, ne ha fatto la storia. Federer ha vinto otto Wimbledon, Nadal dodici Roland Garros e Djokovic otto Australian Open.
Tra i player quindi che hanno stravinto nel nuovo millennio il solo Nadal è stato veramente precoce, mentre tra i giocatori della generazione precedente il più bravo è stato sicuramente Sampras che non solo ha vinto tantissimo – la bellezza di 14 Slam – ma aveva da poco compiuto 19 anni quando ha trionfato per la prima volta a New York. Agassi, il suo grande avversario che sorprese tutti vincendo, dopo tre finali perse – due a Parigi e una a New York – come primo Slam Wimbledon, impresa che non riuscirà più a ripetere, aveva 22 anni.
Perché non ci sono più diciottenni che vincono tornei Slam come succedeva negli anni ’70 e ’80? Perché i giovanissimi di oggi arrivati vicini al traguardo hanno bisogno di tempo per affermarsi definitivamente? Sono solo Federer, Nadal e Djokovic a rendere impossibile l’impresa? Loro sono campioni irripetibili, ma forse ci sono anche altri motivi.
Stiamo assistendo, almeno negli ultimi vent’anni, a cambiamenti antropologici tipici delle società complesse che già Max Weber all’inizio del ‘900 aveva, almeno in parte, profetizzato. Oggi chiunque voglia affermarsi nel proprio ambito lavorativo in modo continuativo, anche lo sport non fa eccezione, deve acquisire delle abilità tecniche specifiche, ma anche psicologiche e sociali, per la cui comprensione e utilizzazione è necessario un tempo maggiore di una volta, fino anche a soli due – tre decenni fa. Il passaggio della società nel nuovo millennio quindi non possiamo considerarlo solo simbolico perché le trasformazioni tecnologiche e sociali in atto comportano un allungamento in termini di formazione una volta impensabile.
Nella società di oggi, dove maggiori sono le richieste, il ruolo di campione è più difficile da vivere e stressante da sopportare e quindi è meglio che chi si afferma sia ben consapevole di quanto questo comporti dal punto di vista psicologico.
Oggi anche nel tennis per fare il salto di qualità ci vuole tempo, dedizione e pazienza. Lo dimostra Zverev che nonostante a 20 anni sembrasse destinato ad una carriera da numero 1 dopo alcuni successi di prestigio, sembra oggi fare difficoltà ad affermarsi definitivamente.
La vittoria, la grande vittoria oggi, non può arrivare solo spinta dagli dei del tennis perché si è un predestinato. Ci vuole, ancora più di un tempo, preparazione tecnica, fisica e mentale che si possono raggiungere solo alcuni anni dopo i primi successi.
Piatti, convinto che Sinner diventerà un futuro campionissimo, sa bene che i suoi successi futuri non potranno che passare attraverso almeno centocinquanta partite, molte sconfitte e tantissimi sacrifici.