Molte volte si parla di talento a sproposito. Le caratteristiche che contraddistinguono Jannik rispetto agli altri player della sua generazione.
Cos’ha Sinner che lo caratterizza, che lo rende unico?
Il tennis è velocità di braccio e gambe, coordinazione, impatto sulla palla, colpo d’occhio. Servono per tirare diritti e rovesci sulle righe, ace, volée, smash, ma non bastano. I grandi campioni che hanno fatto la storia del nostro sport, e non parlo solo dei big three, hanno in dono delle doti nascoste che diventano fondamentali per cambiare le sorti di un match che stanno perdendo o che improvvisamente si complica.
Sono l’intelligenza tattica che permette di variare in corso d’opera la strategia studiata a tavolino perché non sta dando i risultati sperati, il saper rischiare nei punti che fanno la differenza, sempre più spesso pochissimi in un match, il ripartire in ogni momento con la giusta concentrazione e determinazione lasciandosi alle spalle gli errori gratuiti che in ogni partita non è mai possibile eliminare del tutto.
Qualcosa di più della determinazione e della volontà, qualcosa meno dell’infallibilità: si chiama talento, sono solo pochi i fortunati che possono dire di averlo. Lo tirano fuori dal cassetto quando serve veramente, per poi nasconderlo immediatamente per le occasioni successive. Centra poco con la classe, lo stile ma anche con la tecnica che viene dispensata a piene mani quando s’incontrano i maestri, sono tanti, che la sanno insegnare. Il talento, quello puro, non si insegna perché è scritto nei cromosomi, si porta quindi da casa.
Vedendo Sinner, non solo in questi giorni, ho capito che è dotato di un immenso talento che va ben oltre le sue doti tecniche e fisiche che pure sono di primissimo piano. E’ capace di recuperare partite che sembrano quasi arrivate ai titoli di coda. Con la tenacia dei predestinati, game dopo game sa riprendere in mano match che sta perdendo o che si stanno complicando. Nei momenti decisivi, come d’incanto, gioca diritti incontenibili in progressione, va a prendersi punti a rete che non è a oggi il suo territorio di caccia preferito, abbassa il numero degli errori gratuiti, pochissimi nei momenti decisivi.
Coach Patti parla di 150 partite da giocare prima di essere competitivo ad altissimo livello. Lui è quasi a metà dell’opera. Per la primavera-estate ’22, come per le migliori collezioni, il lavoro potrebbe essere ultimato. Da quel momento ci divertiremo come non mai. Se Piatti avesse sbagliato i conti, anche solo di qualche mese, la nostra stella incomincerà a brillare ancora prima nel firmamento tennistico mondiale.
Già inserito il 2 aprile 2021 su Facebook