I risultati del torneo di Wimbledon di quest’anno erano di difficile previsione tranne uno. Pochissimi non vedevano Djokovic almeno in semifinale. Per lui il tabellone prevedeva ostacoli non ostici e la sua motivazione alla vittoria finale è più forte degli altri anni. Non ci sono solo i Championships perché lui e il suo team, in primis Ivanisevic, guardano molto più in là dopo il successo del Roland Garros: Wimbledon come tappa di avvicinamento verso la Storia, come l’opportunità di ripetere a cinquantadue anni di distanza l’impresa di Rod Laver.
Ha perso solo il set d’apertura, quello contro Draper. Non ha giocato bene ma ha sempre controllato dall’alto della sua esperienza. Ha acceso e spento le luci del suo gioco a intermittenza, solo quando era necessario.
In semifinale avrà di fronte un avversario vero ma giovane e con nessuna esperienza a questi livelli. Shapovalov ha rinunciato al Roland Garros adducendo motivi di salute che sicuramente aveva ma non credo fossero così limitanti da non fargli giocare lo Slam parigino. Ha fatto semplicemente una scelta considerando che c’era meno tempo del solito per preparare i Championships e che nel torneo sul rosso di Parigi avrebbe speso energie psicofisiche che lo avrebbero portato nella migliore delle ipotesi ad un buon risultato.
Nelle dichiarazioni degli ultimi due mesi ha sempre espresso la difficoltà che incontra nel giocare sul rosso contrapposto al piacere che ha quando deve inventare gioco sull’erba che è perfetta per le sue caratteristiche: scambi ridotti al minimo, servizi a uscire, volée. Poco tempo per pensare, in una parola istinto.
Bisogna capire se il puro istinto contro Nole potrà bastare. Non credo. Per vincere dovrà ragionare su ogni palla perché Djoko costringe l’avversario a giocare in modo cerebrale. Il serbo cambierà ritmo ma anche strategia se lo scorrere del match dovesse porgli qualche difficoltà non prevista e giocherà variazioni di direzione continue. Il canadese dovrà essere pronto a rispondergli come in una gara a scacchi dove serve la genialità ma anche il ragionamento.
L’altra semifinale ci interessa da vicino. Non succedeva dal 1960 che un giocatore italiano arrivasse in semifinale nel torneo di tennis più prestigioso e famoso del mondo. Sessantuno anni fa ci arrivò Pietrangeli. A fermarlo fu un giovane Laver che recuperò da due set a uno. L’impresa non fu più ripetuta anche se Panatta, che non amava l’erba, nel 1979 ci arrivò molto vicino. Perse contro Dupre un match che lo vedeva nettamente favorito e nel quale era in vantaggio.
Dopo la vittoria al Queen’s sapevamo che Berrettini poteva spingersi molto in alto. Il suo tennis si adatta perfettamente all’erba, superficie sulla quale è almeno tra i primi quattro. Il limite è l’esperienza a questi livelli ma neanche il suo avversario Hurkacz, di un anno più giovane, può vantare risultati di prestigio a Wimbledon.
Dopo l’imprevisto successo a Miami contro il suo amico Sinner aveva vinto solo una partita – al primo turno contro Fabbiano a Montecarlo – e rimediato sei sconfitte consecutive tra terra ed erba. A Londra si è risvegliato abbastanza improvvisamente, ma fino ad un certo punto. L’unico match difficile l’ha dovuto affrontare nei quarti contro Medvedev. Il rinvio della conclusione al giorno dopo mentre era in svantaggio gli ha sicuramente giovato.
Matteo e Hubert hanno nel servizio il loro punto di forza, la stella polare sulla quale appoggiare il loro gioco ma non credo che il match si risolverà considerando solo chi servirà meglio. Sarà una partita, probabilmente lunga, che bisogna preparare bene dal punto di vista tattico. Fondamentale potrebbe diventare la diagonale del rovescio e le variazioni di gioco che i due sapranno proporre. La condizione emotiva potrebbe giocare un ruolo importante e non solo all’inizio del match.
A parte Djokovic, il meno giovane è Berrettini che ha 25 anni. Shapovalov ha 22 anni, Hurkacz 24. La vecchia guardia, tranne pochissime eccezioni, è stata spazzata via a partire dagli ottavi. Nuovi protagonisti sono ormai entrati in pianta stabile tra i primissimi. Nole tuttavia credo voglia lasciare la sua firma indelebile su questo inizio millennio. Toccherà ai giovani provare a fermarlo.