Il moscovita vince a Flushing Meadows il suo primo titolo Major e impedisce a Djokovic di fare il Grande Slam.
Daniil Medvedev è il primo player della nuova generazione – i nati dal 1996 in poi – e il secondo degli anni ’90 a vincere un torneo dello Slam. C’è riuscito battendo Djokovic in tre facili set a Flushing Meadows. Nole era il predestinato, il giocatore pronto a entrare nella storia tennistica vincendo il Grande Slam che in campo maschile è riuscito solo a Laver nel 1962 e ‘69 e a Budge nel 1938, quando ancora, prima della seconda Guerra mondiale, si giocava con i pantaloni lunghi, le racchette erano di legno e molto pesanti.
Per il Djoker era la 369a partita nei tornei dello Slam. Sembrava impossibile che potesse fallire il grande appuntamento, invece è stato sconfitto in tre set durati poco più di due ore. Per Nole mai un brivido, mai la capacità vera di reagire che è sempre stato il suo marchio di fabbrica. Si è visto fin dai primi scambi che non sarebbe stato il suo giorno e alla fine del secondo set lo stesso Nole ha capito che la volontà non sarebbe bastata: il braccio non rispondeva, le gambe erano molli, il peso psicologico troppo forte anche per lui, corpo e mente andavano in direzione opposta. Sensazioni mai provate nelle quasi 1200 partite giocate in carriera.
Ha vinto Medvedev, meritatamente, perché nel corso delle due settimane è parso il più sicuro. Ha perso solo un set contro il qualificato olandese van de Zandschulp. Daniil non ha giocato un tie-break nei sette match disputati, ha saputo controllare tutte le partite con destrezza, non ha avuto cedimenti psicologici. Gli avversari sono sembrate vittime sacrificali sconfitte fin dai primi game. Lui brekkava e gestiva senza sforzo eccessivo, senza spendere energie oltre misura.
La crescita del moscovita nel tempo è stata abbastanza lenta ma costante e solo negli ultimi due anni ha dimostrato di saper competere con i migliori. La finale persa contro Nadal a Flushing Meadows nel 2019 fu la dimostrazione più lampante che un nuovo giocatore si stava avvicinando alle zone nobili della classifica.
Quando nel 2017 andò a Milano al torneo Next Gen non era certo considerato un player dal futuro sicuro. Di lui si diceva che giocava tenendo una posizione storta mentre colpiva male la palla. Più promettenti i suoi compagni Rublev e Khachanov e ancor di più Shapovalov. Daniil era il brutto anatroccolo che non dava nessun affidamento. Ha smentito tecnici e tifosi, stampa e colleghi.
Il suo è un tennis quasi tarantolato, un mistero della balistica, un prototipo fuori dai canoni estetici della gestualità classica. Non possiamo negarlo. Le sue capacità sono un insieme di esigenze tattiche e di piano strategico che lui è in grado di cambiare durante la partita a seconda degli avversari e del momento. Lo abbiamo visto tirare seconde velocissime, mettersi tre metri dietro alla linea di fondo per tessere una rete di scambi dalla quale l’avversario usciva quasi sempre asfissiato, tenere il ritmo veloce e abbassarlo, quando era necessario, per offrire soluzioni velenose.
Credo che almeno sul cemento Medvedev abbia tutto per diventare un vincitore quasi seriale di tornei Major, ma non potrà certo dormire sugli allori se vorrà confermarsi. La concorrenza è fortissima: Auger, Sinner, Alcaraz ma anche Musetti, Rune, Korda, Nakashima, Brooksby. Saranno loro insieme ai più esperti e già affermati Zverev, Tsitsipas, Berrettini, Rublev e Ruud a contendergli le scene. Non dimentichiamo nemmeno che su erba e terra in questo momento vale a mala pena un top ten. Ovviamente ha tutte le capacità e la tigna giusta per migliorarsi ancora.
Fin dai prossimi tornei sarà l’uomo da battere e dovrà dimostrare di essere sempre più forte mentalmente e capace di reagire ad eventuali avversità che gli potranno capitare. Nel match contro Nole ha tremato solo quando è andato per la prima volta a servire per il titolo. Dovrà sapersi abituare alle difficoltà se vorrà salire sulla poltrona di n°1 del mondo e continuare a vincere tornei Slam.