La Coppa Davis vinta dall’Italia nel 1976, quella rinnegata da quasi tutti tranne che dai giocatori, il loro capitano e da qualche addetto ai lavori, purtroppo per ora non ha sorelle. Tutto rimandato ai prossimi anni quando i giovani cresceranno, saranno più maturi e magari anche meno sfortunati … .
Il nuovo formato è un terno al lotto perché basta un’assenza, una partita storta magari persa per pochi punti che la grande gioia deve essere rimandata. Quest’anno in finale c’era l’Australia senza Kyrgios, una squadra mediocre, nemmeno lontana parente di quelle che hanno dominato negli anni ‘50 e ’60.
Devo essere sincero. Io alla finale, dopo la straordinaria vittoria di Sonego contro Shapovalov, un po’ sciupone, ci avevo creduto. Sapevo che per Musetti battere Auger sarebbe stata un’impresa quasi impossibile perché il canadese oggi è uno dei migliori e sa alzare il suo rendimento quando i punti contano. E’ solidissimo da fondo e ha un servizio quasi ingiocabile, strapparglielo è un’impresa.
Sono certo che Fognini-Bolelli avrebbero vinto con Auger-Pospisil perché sono coppia vera, perché con gli Stati Uniti si erano mostrati sicuri, in forma. E’ arrivata tuttavia la sorpresa, l’evento che non ci aspettavamo, che ci era stato tenuto nascosto. Bolelli non era in condizione di giocare per un risentimento al polpaccio del quale l’opinione pubblica non sapeva niente.
I social si sono scatenati, hanno messo in dubbio che fosse vero. Hanno scritto che Berrettini voleva mettere la firma sull’impresa e che abbia fatto come il bambino che vuole giocare a tutti i costi. Io mi attengo alla voce ufficiale di Volandri che resosi conto che Simone non era in grado di scendere in campo ha chiesto a Matteo di rendersi disponibile.
Il romano ha accettato anche se, infortunatosi ancora nell’ultimo mese, ha potuto riprendere la preparazione in campo da poco tempo. Non aveva ore nelle gambe e si è visto: poco reattivo, quasi goffo, pochissime giocate di livello, tantissimi errori.
Fognini ha giocato un primo set perfetto e buono anche nel secondo ma non è bastato. Le dichiarazioni dopo la sconfitta erano quelle di un uomo amareggiato che a 35 anni compiuti non sa se avrà nuove opportunità. Sapeva che in questo fine settimana poteva entrare nella storia del tennis italiano, incidere a fuoco il suo nome in modo indelebile.
Sonego ha dimostrato che è sempre sbagliato, oltreché ingiusto, dare dei giudizi definitivi sulle persone, nello sport come nella vita. Dopo le sconfitte con il croato Gojo e lo slovacco Horansky era stato definito player da Challenger, incapace di giocare in Coppa Davis perché troppo emotivo, labile e discontinuo dimenticando in un batter di ciglia che aveva riportato un italiano a giocare la semifinale al Foro Italico dopo oltre un decennio.
Contro Tiafoe e Shapovalov ha stupito chi non conosce la sua tempra, la sua capacità di resilienza e anche i suoi colpi che vengono spesso sottovalutati. Lorenzi ha raccontato che Ferrer gli ha detto che Sonego è un giocatore di grande spessore, molto reattivo, capace di giocare bene i punti importanti e tecnicamente dotato. Insomma gli ha fatto i complimenti per interposta persona.
Musetti era stanco. Non era quello che ha vinto a Napoli in finale proprio contro Berrettini. Poco reattivo, ha giocato discretamente ma contro due top ten come Fritz e Auger che hanno partecipato al Masters il suo livello non si è dimostrato sufficiente.
Non voglio entrare nella mente di nessuno e dare giudizi su situazioni che non ho visto di persona. Chiedo solo a Volandri se non era meglio far giocare in doppio un tennista in forma anche se stanco ma che questa specialità la gioca molte settimane durante l’anno piuttosto che un player che non era allenato.
La scusa che Sonego era prosciugato di energie psicofisiche, conoscendo la tempra del torinese, non mi convince. In fondo c’era in palio un ultimo atto che non giochiamo dal ’98. Valeva la pena rischiare, avremmo visto un’altra finale di Coppa Davis e forse chissà… .