La definizione next-gen fu coniata in modo ufficiale quando nel 2017 venne organizzato il primo torneo che prevedeva la partecipazione dei tennisti che avevano al massimo 21 anni. Fu fatto per favorire la loro visibilità in un momento nel quale il tennis, anche a livello mediatico, era dominato dai soliti nomi e i più giovani facevano molta difficoltà a emergere.
Si scelse come sede del torneo Milano ed erano in molti, anche tra gli addetti ai lavori, che prevedevano un clamoroso flop della manifestazione anche perché erano previste regole sperimentali – ad esempio i set più corti e il killer point – che avrebbero potuto stravolgere le antiche tradizioni e il fascino del nostro sport.
Si pensava anche che il torneo non avrebbe attirato la partecipazione dei migliori o che il loro impegno sarebbe stato appena sufficiente. Non è successo nulla di tutto questo. Sono venuti tutti o quasi e se oggi analizziamo la classifica mondiale ci accorgiamo che molti dei giovani protagonisti del circuito sono andati nella città meneghina.
Magari non hanno vinto, penso a Medvedev che fu considerato quasi un tennista di passaggio, ma altri hanno dominato: Tsitsipas, Sinner e Alcaraz su tutti. Sono comunque tanti, ad esempio Rublev, Ruud, Shapovalov, De Minaur, i giocatori che oggi si trovano classificati molto bene nel ranking mondiale. Pochissimi i flop. Il coreano Chung, che vinse la prima edizione non può essere considerato tale perché, dopo essere arrivato in semifinale all’Australian Open nel gennaio del 2018 ha incominciato ad avere moltissimi problemi fisici che lo hanno messo ai bordi del nostro sport. Lo statunitense Donaldson ha preferito una carriera diversa da quella tennistica, Quinzi e Caruana parteciparono grazie ad una wild card.
L’unico grande talento che ha preferito disertare Milano è stato Auger-Aliassime, recentissimo vincitore della Coppa Davis, mentre Sascha Zverev è venuto nella città meneghina solo per una breve esibizione perché nel 2017 aveva già i punti per partecipare al Masters dei grandi.
Questo lungo preambolo mi serve per dire che non si può più parlare di nuove generazioni per i giocatori che sono nati nella seconda metà degli anni ’90 e dei quali si pensava potessero vincere di più. Rischiano, anche se è ancora troppo presto per dirlo in via definitiva, di rimanere schiacciati tra la vecchia generazione, in particolare Nadal ma soprattutto Djokovic che sembra abbiano ancora qualcosa da dire, e i giovanissimi nati nel nuovo millennio che stanno uscendo prepotentemente.
E’ di loro che bisogna parlare. Confrontando le classifiche di fine novembre dello scorso anno e di quest’anno si nota che l’ascesa dei diciannovenni Carlos Alcaraz (1) e Holger Rune (11) è stata straripante. Carlos era n°32, oggi è il più giovane tennista in vetta alla classifica da quando nel 1973 è stato introdotto il computer, il danese era n°104.
Ovviamente non si possono fare paragoni tra le due annate perché il ragazzo di Murcia ha vinto Rio, Miami, Barcellona, Madrid e gli US Open, mentre il giovanissimo danese ha finito il 2022 rosicchiando posizioni su posizioni, vincendo punti su punti grazie alle quattro finali consecutive di fine stagione che si è chiusa con la bellissima vittoria a Parigi-Bercy contro Djokovic.
Jannik Sinner (15) ha avuto un’annata troppo turbolenta per poter essere valutata con oggettività. Ha cambiato team, ha avuto molti problemi fisici per giocare tranquillamente. Bisogna aspettare che il lavoro, anche a lungo termine come lui spesso ha ripetuto, vada a maturazione. Deve migliorare tecnicamente e rispondere meglio dal punto di vista fisico perché quest’anno si è fermato troppe volte per problemi di salute.
Lorenzo Musetti (23) è un altro ventenne che quest’anno ha mostrato ottimi miglioramenti sulle superfici veloci. Un servizio più efficace e un diritto penetrante gli hanno fatto scalare la classifica in modo deciso. La vittoria contro Alcaraz sul rosso di Amburgo rimane comunque la ciliegina sulla torta che pochi prevedevano.
Trai giovani protagonisti della stagione 2022 non possiamo non considerare il quasi ventiquattrenne Casper Ruud, attualmente n°3 del ranking, che ha fatto le finali del Roland Garros, di Flushing Meadows e delle Atp Finals di Torino dimostrando che la sua crescita è costante e neanche a piccoli passi. Aveva finito il 2021 da n°8.
Anche il ventiduenne canadese Felix Auger-Aliassime (6) sembra aver fatto, forse grazie anche ai consigli e alla presenza part time di Toni Nadal che lo accompagna nei tornei più importanti, un passo definitivo verso le vette più alte. Ha vinto quasi da solo la Coppa Davis, si è sbloccato nelle finali dei tornei Atp, ha giocato a Torino, ha fatto un finale di stagione in crescendo, ma soprattutto sta dimostrando una solidità mentale, tecnica e fisica che fino a dodici mesi fa non aveva. Il salto vero lo deve fare negli Slam dove non è ancora riuscito a convincere completamente. Aveva finito la scorsa stagione come n°11.
Nell’ultimo periodo si è messo in evidenza il ventenne Ben Shelton (96) che è entrato nei primi cento vincendo tre Challenger di fila sul cemento americano. A Cincinnati ha sconfitto Ruud. Anche lo statunitense Brandon Nakashima (47) che ha vinto a Milano ha dimostrato di essere un player dalla carriera certa almeno sul cemento. L’inglese Jack Draper (42) e lo svizzero Dominic Stricker (118) potrebbero essere altri giocatori capaci di stupire il prossimo anno.
Per una valutazione complessiva dell’annata che comprende player ancora giovani, penso a Tsitsipas, Rublev e ai nostri, ci sono tanti ventenni o poco più pronti a scattare, rinvio a dei prossimi scritti.